Ponte Sisto consta
di 4 arcate con al centro un grosso foro rotondo, che i romani chiamano
‘Occhialone’, il quale funzionava come idrometro: quando l’acqua
passava di lì c’era il pericolo di una piena del fiume.
Nel corso della sua
storia il ponte ebbe denominazioni diverse, quali Antonino, Aurelio,
Gianicolense, Valentiniano, Rotto, in Onda, ognuna delle quali
rispondente a ragioni particolari.
Le origini del ponte
sono state abbastanza dibattute nel corso degli anni: alcune tesi
identificavano Ponte Sisto come un ulteriore restauro e rifacimento del
ponte ligneo costruito da Vipsanio Agrippa prima del 12 a.C. (anno della
sua morte) per aprire la strada verso Trastevere, dove qualche anno dopo
Augusto avrebbe condotto l’acqua dell’acquedotto Alsietino per
alimentare la Naumachia nei pressi dell’attuale S. Cosimato; in altre
ipotesi invece si riconosceva ad Antonino
Pio la costruzione di un ponte ex novo in quel luogo nel 147
d.C.
Le controversie
riguardo l’origine del ponte si svilupparono principalmente nel 1887,
quando l’archeologo Borsari, durante alcuni lavori sul lungotevere,
mise in luce dei cippi, databili intorno agli anni 40 d.C., in cui si
faceva riferimento a un certo ponte di Agrippa e le conclusioni a cui si
giunse furono che il ponte in questione sarebbe dovuto essere situato
proprio nel punto dove sorgeva ponte Sisto.
Subito dopo però
vennero rinvenuti, a circa 160 metri a monte di ponte Sisto, dei ruderi
identificabili come piloni di un ponte e si credette quindi che proprio
quelli fossero i resti dei piloni dell’antico ponte di Agrippa,
sebbene risultassero molto obliqui rispetto al corso del fiume.
Non si riusciva
comunque a spiegare perché, posto che il ponte di Agrippa fosse
crollato, Antonino Pio
non avesse utilizzato almeno i suoi piloni per costruirvi sopra un altro
ponte e avesse invece edificato la nuova struttura solo 160 metri più
in là. Inoltre ancora, si era sempre parlato di otto ponti dell’età
antica, mai di nove. Si giunse infine alla
convinzione che i resti ritrovati a monte di Ponte Sisto non erano altro
che gli avanzi di manufatti difensivi di epoca tardo imperiale.
Del resto anche
Procopio, inviato al seguito di Belisario, fece riferimento, parlando della
guerra Gotica intorno all’anno 537 d.C., ad un sistema difensivo con
catene che sbarravano il Tevere per non consentire l’ingresso dei
nemici.
La ragione per cui non
fu più tramandato il nome di Agrippa si può ricondurre al fatto che
probabilmente l’imperatore Antonino
Pio apportò tanti e tali modifiche al ponte da poter
sovrapporre totalmente il suo nome. Notizie riguardo alle
avvenute modifiche apportate da questo imperatore al vecchio ponte
preesistente risalgono al 1939, quando venne rinvenuto un frammento di
calendario del gennaio del 147 d.C., dove si rammenta un restauro fatto
dall’imperatore Antonino al ponte di
Agrippa.
In questo modo venne
dissipato anche il dubbio relativo alla paternità del ponte che essendo
conosciuto anche con il nome di Aurelio, aveva fatto pensare
all’imperatore Caracalla
mentre tale denominazione invece si riferiva al nome di Antonino
Pio prima che diventasse imperatore.
L’altra denominazione
"Gianicolense" invece deriva dal fatto che il ponte conduceva verso quella
parte della città così densamente popolata a causa della salubrità
dell’aria; del resto anche altri ponti antichi andavano verso il
Gianicolo per lo stessa ragione.
Nel 366-67
l’imperatore Valentiniano
compì un altro grande restauro al ponte ed inoltre fu eretto
all’imboccatura un arco trionfale decorato da statue bronzee, i cui
resti, ritrovati nel 1878 e nel 1892, ora sono al museo nazionale
romano. In seguito poi il ponte
fu probabilmente danneggiato molto violentemente dalla grande piena del
589-90 e finito di rovinare con la piena del 792. Per questa la ragione
prese anche il nome di Fractus o Ruptus.
In prossimità del
grande Giubileo del 1475 per agevolare il flusso dei Pellegrini dalla
riva sinistra del Tevere, dove era addensata la Città, verso il
Vaticano, papa Sisto IV (Francesco della Rovere) il 29 aprile 1473 pone
la prima pietra per il rifacimento dell’antico ponte di Agrippa in
disuso (la scena è riprodotta anche in un affresco dell’Ospedale di
S. Spirito) Nel Giubileo precedente
del 1450 sul ponte Sant’Angelo c’erano
infatti stati addirittura dei morti a causa del sovraffollamento. Un aneddoto inoltre
narra che quando Sisto IV era ancora Cardinale e risiedeva presso il
Convento di S. Salvatore in Onda, giacché gli risultava scomodo
arrivare fino a ponte S. Angelo per recarsi
in Vaticano, promise a se stesso che, qualora fosse divenuto papa,
avrebbe ricostruito il ponte diroccato che era proprio di fronte alla
sua dimora. L’opera di
ricostruzione del ponte inoltre contribuì in larga parte alla
valorizzazione del quartiere di Trastevere.
Con grande probabilità
il restauro fu affidato all’architetto Baccio Pontelli, perché anche
il Vasari gli riconosce questo merito. L’opera si inaugura
per il giubileo del 1475, ma i lavori termineranno del tutto nel 1479.
L’ampiezza del ponte fu ridotta a 6.40 m. a fronte dei 9 m.
dell’antico ponte di Agrippa.
I fondi per
l’esecuzione dei lavori furono ricavati da un lascito ai Domenicani di
S. Maria Sopra Minerva
elargito dal
cardinale Giovanni di Torrecremata, zio di Sisto IV; si narra anche che
parte del denaro impegnato fu reperito dalle gabelle imposte alle
cortigiane di Roma.
Alle estremità, verso
la città, vennero poste due iscrizioni: "1475. Tu che passi per
merito di Sisto IV, prega il signore che ci conservi lungamente e in
buona salute il pontefice ottimo massimo. Vai in pace chiunque tu sia
dopo che avrai recitato questa preghiera " e poi "Sisto IV
pontefice massimo, ad utilità del popolo romano e della moltitudine dei
pellegrini che parteciperà al Giubileo questo ponte, che a buon diritto
chiamavano ‘Rotto’, rifece dalle fondamenta con grande cura e spesa
e volle che dal suo nome fosse denominato Sisto". L’opera compiuta da
Sisto IV non si rivelò profondamente salda e stabile, giacché fin dal
1564 si riscontrano varie insistenze del pontefice (Pio IV) presso il
Comune Capitolino affinché si provvedesse al restauro del ponte Sisto
che, contrariamente alle aspettative, già minacciava rovina. Inizia
quindi un periodo di rimpallo fra Comune e Camera Apostolica, poiché la
disputa riguardo la competenza sui ponti e sulle porte della città era
stata da sempre vivace e attiva.
Il Vaticano auspicava
di esercitare il controllo e l’ingerenza, cercando però di delegare
le spese dei lavori al Popolo Romano e quindi al Comune.
Dopo qualche tempo il
papa fece cenno ad una contribuzione economica per il consolidamento
della struttura e alla fine di questa diatriba l’opera fu affidata al
Vignola e l’esecutore materiale fu Matteo di Castello. Fu rinforzato
principalmente uno dei piloni che rischiava di crollare. I lavori di
ripristino ebbero inizio il 23 gennaio e terminarono nell’agosto 1567.
Ancora un altro
restauro venne avviato nel 1598 da Clemente VIII e riguardò il
lastricato ed i parapetti del ponte, danneggiati dalla inondazione del
Tevere dello stesso anno.
Dopo la grande piena
del 1870, si fece strada l’idea di abbattere ponte Sisto, tanto che
nel 1875 il Consiglio Superiore dei Lavori pubblici suggerì di
demolirlo e di ricostruirlo con arcate più larghe. Invece nel 1877,
considerando che il traffico verso Trastevere era in continuo
accrescimento e nel percorso fra ponte Castello e l'Isola Tiberina erano
presenti solamente il ponte dei Fiorentini e ponte Sisto, si decise di
effettuare un ampliamento della viabilità del ponte fino a 11 m.,
aggiungendo due marciapiedi pensili in ghisa poggiati su otto
giganteschi mensoloni per parte, fissati alle facciate esterne del
ponte, e dei parapetti traforati a losanghe. I lavori di ampliamento
terminarono nel 1877. Questa aggiunta allo
storico monumento fu considerata da molti nel corso degli anni uno
scempio architettonico, aggravato durante gli anni ’60 dall’idea di
adibire Ponte Sisto ad una specie di mercato per la vendita di libri ed
altri oggetti di antiquariato.
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