Fu
l'imperatore Publio Elio Adriano
che, per accedere al proprio mausoleo sulla sponda destra del Tevere,
volle la costruzione di un ponte, affidando l'impresa all'architetto
Demetriano nell'anno 136 d.C.
La
solidità del ponte è davvero straordinaria e infatti nessuna piena del
Tevere è mai riuscita a travolgerlo o a danneggiarlo. Un famoso
episodio, legato alla storia del ponte, unico passaggio per raggiungere S.
Pietro, è quello accaduto durante il Giubileo del 1450.
Leggiamo nel Diario di Stefano Infessura che "nel sabbato 19
dicembre 1450, tornando il popolo da S.
Pietro, dove si era mostrato il Sudario, e data la
benedizione da papa Niccolò
V, avvenne la terribile sciagura, che per la calca si ruppero
le sponde del ponte e 172 persone perirono, in parte soffocate sul ponte
stesso, in parte annegate nel fiume; onde quel papa all'ingresso del
ponte fece erigere due picciole cappelle rotonde dedicate a S. Maria
Maddalena e ai SS. Innocenti; poi restaurò il ponte e perciò il suo
nome N[iccolò] P[ontefice] M[assimo] V si legge sopra uno de' piloni
nella faccia rivolta al Vaticano".
Il
papa allora allo scopo di impedire che simili sciagure potessero
ripetersi, fece abbattere da Bernardino Rossellino, molte case per
creare la piazza di Ponte, vicina alla chiesa di S.
Celso. In quanto alla due cappelle, esse rimasero fino al 1527,
anno del "sacco di Roma". Il papa Clemente
VII, rinchiusosi nel Castello,
si rese conto che le cappelline erano diventate due rifugi sicuri degli archibugieri
nemici, che da li potevano colpire chiunque si affacciasse dalle mura
castellano. Le cappelle perciò furono distrutte e al loro posto nel
1533 sorsero le basi marmoree per collocarvi le statue dei SS. Pietro e
Paolo, scolpite rispettivamente dal Lorenzetto e da Paolo Romano. Quando
nel 1536 Roma assistette al solenne ingresso di Carlo V (erano ancora
aperte le ferite della tragedia del sacco di Roma di appena nove anni
prima) sul ponte furono poste otto figure fatte da Raffaello da
Montelupo. Dalla parte di S. Pietro i 4 evangelisti e dalla parte di S.
Paolo i patriarchi Adamo, Noè, Abramo e Mosè. Ma l'ornamento fu solo
momentaneo, perchè suggerì a Clemente
IX nel 1668 di abbellire il ponte con la collocazione di
dieci statue di angeli, cinque per balaustra. Trattandosi di una Via
Crucis, ogni angelo reca un simbolo della passione di Cristo. Le
sculture furono eseguite da allievi del Bernini,
che non fece mancare loro la propria guida. Le opere, riportate nel
seguente elenco, hanno ciascuna una scritta incisa sul basamento:
"Angelo
con flagelli" di Lazzaro Morelli (IN FLAGELLA PARATUS SUM)
"Angelo
con la corona di spine" di Paolo Naldini (IN AERUMNA MEA DUM
CONFIGITUR SPINA)
"Angelo
con la veste di Gesù e i dadi" di Paolo Naldini (SUPER VESTEM
MISERUNT SORTEM)
"Angelo
con la croce" di Ercole Ferrata (CUIUS PRINCIPATUS SUPER HUMERUM
EIUS)
"Angelo
col titolo della Croce" di Giulio Cartari (REGNAVIT A LIGNO DEUS)
Angelo
con "la spugna" di Antonio Giorgetti (POTAVERUNT ME ACETO)
"Angelo
con la lancia" di Domenico Guidi (VULNERASTI COR MEUM)
"Angelo
con i chiodi" di Girolamo Lucenti (ASPICIANT AD ME QUEM CONFIXERUNT)
"Angelo
con il Volto Santo" di Cosimo Fancelli (RESPICE IN FACIEM CHRISTI
TUI).
"Angelo
con la colonna" di Antonio Raggi 8TRONUS MEUS IN COLUMNA)
L'Angelo
con la corona di spine e l'Angelo col titolo della Croce sono copie
degli originari scolpiti dal Bernini
in persona e attualmente custodite nella chiesa di S.
Andrea delle Fratte.
Durante
i lavori del 1892 per la costruzione dei muraglioni fu necessario
portare la larghezza del fiume a 100 metri, per cui il ponte fu
trasformato per fargli assumere l'aspetto conservato fino ai nostri
giorni. Alle tre arcate centrali si aggiunsero due archi simmetrici in
sostituzione di quelli minori. Fu un lavoro che permise di portare alla
luce una rampa romana ancora lastricata e alcuni elementi dei parapetti
originari. Tra le tante notizie storiche finora pervenuteci, ce n'è una
che ricorda il ponte come luogo adatto per esporvi, tra il 1480 ed il
1500, i cadaveri dei condannati a morte, perchè tutti potessero vedere
e meditare prima di turbare la quiete cittadina operando con la violenza
ed il delitto.
Durante
l'anno santo del 1500 ebbe luogo la prima "esposizione" e si
tramanda che ben 18 impiccati furono appesi sul ponte, nove per ogni
lato. E il numero non si fermò li. Altre forche e altre teste mozzate
erano all'ordine del giorno, tanto che in seno al popolo nacque il
commento proverbiale "Ce so' più teste mozze su le spallette,che
meloni al mercato".
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