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Rione VI Parione
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Il VI rione di Roma ha per simbolo un cavallo alato anche se il nome deriva da "paries": parete, muro. Era quanto restava in passato di un rudere ormai scomparso, i resti del palazzo del prefetto Cromaziano: un edificio altissimo, adorno di mosaici, oro e cristalli. Parione è un po' il piano nobile della città, con Campo de' Fiori come anticamera e piazza Navona salone delle feste. Pasquino, dal canto suo, è il soprammobile inquietante, l'erma dalla lingua immobile ma capace di parlare per secoli. Del resto, la vera vocazione del rione è da lungo tempo legata alla cronaca, alla maldicenza e alla stampa. E' qui, infatti, che nascono in pieno Rinascimento le prime tipografie romane, come quella dei tedeschi Sweynheim e Pannartz, o quella di Blado a Campo de' Fiori, fucina di tecnici specializzati, dalle cui officine uscì la prima grande pianta prospettica di Roma, tutte nei pressi di Pasquino, come pure le prime librerie, "incisorie" e "cartarie". E' piazza Navona, però, il grande teatro all'aperto di Parione, con spettacoli che hanno fatto la storia della città: corse di cavalli e soprattutto le "naumachie", giochi navali di antica origine. La piazza che veniva allagata nelle notti d'agosto diveniva una sorta di carnevale estivo che vedeva giocare insieme popolo e nobiltà, tra carrozze arrancanti nell'estemporaneo lago e tuffi di ragazzini che raccattavano le monete gettate nelle fontana. Appariva in quelle notti sui tetti di piazza Navona, secondo la credenza popolare, il fantasma di Olimpia Maidalchini Pamphjli, la cognata di Innocenzo X. Un'avida arrampicatrice sociale, che prosciugò gli averi del pontefice e lo lasciò morire solo e povero. Il popolo la chiamava "la Pimpaccia" e Pasquino così la bollò: "Chi disse donna disse danno. / Chi disse femmina disse malanno. / Chi disse Olimpia Maidalchina / disse femmina, danno, donna e rovina". |