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Rione XV Esquilino
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L’Esquilino che attualmente include un’area compresa fra il Laterano, S. Maria Maggiore e porta Maggiore comprendeva in antico una vasta zona movimentata dalla presenza delle tre cime del Fagutal ad ovest, del Cispius a nord dell’Oppius a sud. Di quest’area verso la metà dell’ VIII secolo si cominciò ad abitare la zona che interessava le pendici sud-occidentali, l’area Esquilina e questa, alla metà del VI secolo a.C. insieme alla Palatina, alla Collina e alla Suburana fu definita una delle quattro regioni della Roma serviana (Servio Tullio per fortificare il lato ad est, meno protetto, vi avrebbe fatto costruire l’aggere). In età augustea l’intera area non passò nella V regio denominata Esquiliae ma parte del Fagutal fu incluso nella III regio e parte del Cispius nella IV . La regio V Esquiliae fu limitata così a nord dalla via Collatina, ad ovest dalla via Tuscolana e dalle mura c.d. serviane e ad est e a sud dalle mura aureliane, dopo la costruzione di queste nel 275 d.C.. Era un’area molto abitata; alle pendici, con case popolari e più modeste, con edifici più ricercati e lussuosi nelle zone più alte delle Carinae, del Cispius dove, ad esempio, Pompeo si era fatto costruire la propria abitazione e in quelle dell’Oppius dove era situata la casa di Asinio Pollione, poi portico di Livia, e la villa di Mecenate divenuta successivamente proprietà dell’imperatore. Fra gli innumerevoli monumenti tuttora presenti in questo rione scarsi sono quelli di carattere pubblico e religioso. Di essi ricordiamo il tempio di Isis e Serapis, costruito forse nel I secolo a.C. vicino a quello c.d. di Minerva Medica di cui fu scavato nel 1887 il deposito votivo databile tra il IV e il III a.C. Questa struttura, situata ora in via Giolitti, nei pressi della quale fu rinvenuta la bella statua (ora ai Musei vaticani) che ha dato il nome al monumento, raffigurante Atena, elmata e con un serpente ai piedi, doveva appartenere agli Horti Linciniani. Da quest’area provengono anche le due grandi statue, ora ai Musei capitolini, raffiguranti due magistrati nell’atto di dare inizio ai giochi lasciando cadere la mappa tenuta nella mano sollevata. Numerosi resti di edifici antichi di età imperiale si trovano soprattutto nell’area intorno alla chiesa di S. Croce in Gerusalemme: la grande aula che fu impiegata per la costruzione della stessa chiesa, l’anfiteatro castrense, le terme elencane, il circo Variàno e fanno tutti parte di un complesso unitario, iniziato forse sotto Settimio Severo e ultimato sotto Eliogabalo (Vario Avito Bassiano), il quale viene ricordato frequentare spesso i giardini nell’area detta ad Spem Veretem dove avvenivano corse di carri. Questa zona era così denominata dalla presenza di un tempio dedicato alla Spes e detto vetus per distinguerla meglio dall’altro tempio, successivo, che fu innalzato nel foro Olitorio nel 260 a.C. Per volontà di papa Sisto V le terme elencane furono interrate quando venne aperta la via Felice e di esse restano i dodici ambienti paralleli della cisterna e l’iscrizione (ora ai Musei vaticani) che ricorda il restauro fatto fare da Elena all’edificio danneggiato da un incendio. Ancora visibili in via Carlo Alberto sono i resti delle mura c.d. serviane e la vicina porta Esquilina (arco di Galieno) orientata con questi. Vitige e quello di Totila, nonché cinquecento anni dopo l’altro di Roberto il Guiscardo, ridussero l’abilità dell’Esquilino poiché ne sottolinearono la scarsa difendibilità e la sua naturale posizione di prima esposizione al nemico. In conseguenza di questo gli abitanti si trasferirono nella Roma a valle, quella per esempio del Campo Marzio. Solo i papi, legati alla tradizione della sede vescovile, proseguirono l’opera di manutenzione e abbellimento della zona, relativa ad opere religiose. Ma quando il papato fu costretto all’esilio avignonese l’Esquilino conobbe il più alto livello di decadenza anche se continuavano ad operarvi i due ospedali del Laterano e di S. Antonio Abate. Tornati da Avignone i papi si trasferirono in Vaticano e l’Esquilino ricevette soltanto interventi di restauro delle chiese andate in decadenza e solo con il Rinascimento conobbe l’esperienza di opere nuove quali l’apertura della via Gregoriana (oggi via Merulana) e della via Felice (da Trinità dei Monti a S. Croce in Gerusalemme). Fu Sisto V a dare nuovo impulso alla viabilità dell’Esquilino che doveva restare quasi inalterata fino al 1870. Sisto V si impegnò a collegare le grandi basiche di S. Maria Maggiore, S. Lorenzo, S. Maria degli Angeli, S. Giovanni in Laterano, S. Croce in Gerusalemme e la Scala Santa. Queste vie, utili alla grande rappresentazione della Roma papale, alle processioni e ai cortei pontifici, segnarono il costituirsi di proprietà aristocratiche con la conseguente edificazione di ville da considerarsi extra-urbane: Altieri, Astalli, Caserta, Magnani, Gentili, Rondinini, De Vecchi, Sacripante e Conti, Giustiniani poi Massimo e Palombara. Nel 1830 veniva costruita villa Wolkonski, l’unica giunta quasi integra a noi. Con il Settecento assistiamo alla ristrutturazione delle chiese di S. Croce in Gerusalemme, S. Eusebio e S. Antonio Abate e un secolo dopo alla costruzione di S. Alfonso de’Liguori. Il Comune di Roma fissava quindi i confini attuali del rione Esquilino attraversato, nella seconda metà dell’Ottocento dai binari della stazione Termini. Dopo il 1870 la zona veniva affidata ai progetti inseriti nel piano regolatore del Viviani e il sindaco di allora, Luigi Pianciani, dava il via all’edificazione del rione. |