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Divenuto tribuno militare all'età di 20 anni, si racconta che durante l'impero di Valeriano (tra il 254 ed il 258) combattè una guerra contro i Sarmati Iazigi che si trovavano di fronte ai confini della Pannonia inferiore, e spintosi oltre il Danubio, aveva compiuto molti atti di valore. Dinanzi all'esercito adunato, gli furono donate quattro aste senza cuspide pubblicamente, due corone vallari, una corona civica, quattro vessilli senza fregi, due braccialetti d'oro, una collana d'oro ed una coppa sacrificale di cinque libbre. In questo stesso periodo liberò dalle mani dei Quadi [ndr. che si trovavano di fronte al fortezza legionaria di Brigetio] il giovane nobile Valerio Flaccino, imparentato con Valeriano. Per questo motivo lo stesso Valeriano gli conferì la Corona civica. (Historia Augusta, Probo, 5.1-2.) Probo è uno dei cosiddetti imperatori illirici espressi dall'esercito; egli cercò con tutte le sue forze di sanare la situazione di decadenza dei suoi tempi e difese l'impero dalle sempre più frequenti invasioni barbariche. Regnò poco, come quasi tutti gli imperatori di questo periodo, dal 276 al 282. Pur rimanendo un tipico esempio dell'assolutismo imperiale dell'epoca, cercò di mitigare i rapporti con il Senato lasciando a quest'assemblea una qualche parvenza decisionale. Oltre che ad arginare le sempre più frequenti scorrerie ed invasioni di popoli e tribù, Probo dovette occuparsi anche di coloro che, a vario titolo, vollero contendergli il titolo imperiale. Nel 280 Giulio Saturnino, governatore della Syria, fu proclamato imperatore dai soldati. Morì assediato dai fedeli di Probo ad Apamea. Nello stesso anno Proculo, un militare di nobili origini, nominato imperatore dai suoi uomini fu eliminato da Probo. Sempre nel 280 un altro militare, Bonoso, si proclamò imperatore a Colonia, fu combattuto e ucciso da Probo. Ristabilita una certa tranquillità nell'impero, Probo si accinse a risolvere il problema del peso economico che ormai l'esercito esercitava sulle sfinite casse imperiali. Tentò dapprima di aumentare la presenza umana in alcuni territori che si erano spopolati in conseguenza dei continui conflitti, stanziando coloni barbari con lo scopo di farne, in futuro, nuovi contribuenti per il fisco. Poi, ordinò che alle legioni fossero imposti lavori faticosissimi (soprattutto in agricoltura e nelle opere pubbliche) nel periodo nel quale non fossero impegnate in operazioni belliche. Quest'ultima decisione determinò la sua rovina. Le milizie di stanza a Sirmio infatti, che erano impegnate in un'opera di prosciugamento delle circostanti paludi, si unirono ad una rivolta militare delle truppe della Rezia capitanate da Marco Aurelio Caro ed eliminarono Probo che, in quel momento, si trovava proprio a Sirmio. |