Anticamente
era detta "dei Calderari", come si chiamava il vicino vicolo,
dal grande numero delle botteghe di fabbri che esistevano nei paraggi.
E' stata senz'altro la "cenerentola" della situazione,
rispetto alle altre più fortunate fontane della piazza,
soprattutto nei confronti della sorella situata sul lato opposto, che
venne abbellita, modificata e restaurata a più riprese
(probabilmente anche perchè sul lato della fontana
del Moro si affacciava dalla finestre di palazzo
Pamphili, Donna Olimpia, la potente e famosa cognata di papa Innocenzo
X). Su questo lato della piazza, invece, il bacile di Giacomo
Della Porta, rimase dimenticato e spoglio di ornamenti per ben trecento
anni. Solo nel 1873 il comune di Roma bandì un concorso a premi di 5000
lire per il miglior progetto di gruppi scultorei e decorativi da
destinarsi alla nostra ancora nuda fontana, purchè si restasse in tema,
anzi ci si rifacesse a quella opposta. Il concorso per la scultura del
corpo centrale venne vinto da Antonio Della Bitta, che eseguì questo
nettuno in sintonia con il moro. La vasca, come abbiamo già accennato,
è la stessa originale del Della Porta, e la piscina, come l'altra, del Bernini.
Vi sono alcuni particolari divertenti riguardo al concorso indetto dal
comune, riportati dal D'Onofrio. Questi, dopo una lunga e minuziosa
ricerca negli archivi del comune, ha pubblicato testi e singolari
documenti d'epoca, che sono stati oggetto d'interesse e di
consultazione.
Ritornando
al concorso del 1873 per la fontana del Nettuno, vi erano dieci
candidati e una prova d'esame sul tema dato dalla commissione. Ne uscì
vittorioso il signor Luigi Maioli, la cui gioia per il miraggio delle
5000 lire in palio e per l'incarico del lavoro, sfumerà presto in
quanto la commissione verrà tacciata di parzialità dai restanti delusi
concorrenti. Il comune nominerà un'altra commissione d'esperti, formata
dall'architetto napoletano Enrico Albini, dal toscano Pio Fedi e dal
milanese Antonio Tantardini. Questi "esperti", a dimostrazione
della loro preparazione e coscenziosità andarono, il giorno prima
dell'esame, a dare un'occhiata alle fontane di piazza
Navona e soprattutto a quella del Moro
alla quale ci si doveva rifare. Si può capire bene fino a che punto
arrivasse la preparazione dei componenti la commissione, dalle loro
stesse dichiarazioni scritte. Possiamo leggere che cominciarono già
storpiando nomi e nazionalità agli autori dei tritoni del Moro:
il romano Flaminio Vacca diventa infatti fiammingo, il nome di Silla
esce fuori storpiato più volte in Billa. Ma fino a qui poco male. Il
bello viene quando, con piglio sicuro, attribuiscono a questi autori di
essersi ispirati per i loro tritoni "all'idea del Bernini",
che invece realizzò il Moro
ben settantasei anni più tardi. Venne questa volta scelto il bozzetto
di Gregorio Zappalà, ma solo per quanto riguarda i gruppi laterali. La
sua idea del gruppo centrale venne bocciata a favore di quella del Della
Bitta. Lo Zappalà aveva comunque presentato un bozzetto certamente in
tema, ideando come statua centrale una "mora", e ci riferiamo
alla "donna del moro", che non solo avrebbe fatto bella
compagnia a quest'ultimo (anche se da lontano), ma sarebbe stata
perfettamente in tema con i termini del concorso. Al romano Antonio
Della Bitta dobbiamo quindi l'idea e la scultura del Nettuno come lo
vediamo oggi, ancora alle prese con la piovra avvinghiata alle gambe,
seguendo un po' l'esempio dell'amico "moro" con il suo
delfino. |