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Mausoleo di Augusto
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Al
suo ritorno da Alessandria, dopo la fine della guerra contro Antonio e la
conquista dell'Egitto, nel 29 a.C., l'imperatore Ottaviano Augusto
diede inizio alla costruzione di una grandiosa tomba nel Campo Marzio. Fin
dall'inizio, il sepolcro assunse il nome di Mausoleo, cioè si collegò alla più
celebre tomba di sovrano esistente, quella del re Mausolo di Caria, ad
Alicarnasso, in Asia Minore, eretto dalla moglie Artemisia. L'edificio augusteo
(situato in piazza Augusto Imperatore), circolare, del diametro di circa 87
metri, è costituito da cinque muri concentrici di grande spessore. Un alto
pilone centrale,coincidente con la cripta, che dovrebbe corrispondere alla tomba
di Augusto, costituiva internamente l'asse della costruzione e s'innalzava sino
alla copertura del tumulo, divenendo sostegno alla statua che si ergeva in cima
a questo. Una serie di volte collegava le mura concentriche che degradavano
verso l'esterno sino al grande tamburo circolare cieco rivestito in marmi
preziosi. Il primo ad essere deposto nel sepolcro fu Marcello, suo nipote e
genero, nel 23 a.C., a mausoleo non ancora terminato. Seguirono il genero
Agrippa, Druso maggiore, Lucio e Gaio Cesari. Augusto
raggiunse gli altri nel 14 d.C., seguito da Druso minore, Livia, Tiberio,
Agrippina, Claudio,
Britannico e ultimo Nerva.
La porta dell'edificio era preceduta da due obelischi, oggi in piazza del Quirinale
e in piazza Esquilino.
Su due pilastri, a lato dell'ingresso, erano fissate le tavole bronzee con le
gesta dell'imperatore. Il monumento, integro e venerato sino alla tarda epoca
romana, subì gravi danni durante l'invasione barbarica dei Goti di Alarico nel
416. Nel Medioevo la statua dell'imperatore, che stava in cima al tumulo, fu
fusa per farne monete. I Colonna lo trasformarono in fortilizio (Agosta),
espugnato nel 1241 dai Conti. Passò, poi, agli Orsini e nel 1550 ai Soderini,
che, visto che la parte superiore era crollata, ne fecero un giardino pensile.
Nel XVIII secolo, il marchese Benedetto Correa lo adattò a teatro, che dal nome
del proprietario, fu chiamato, in romanesco, Corèa . Giostre, tornei,
rappresentazioni teatrali, fuochi d'artificio (detti in romanesco Fochetti) e
corride si avvicendarono "ar Corèa" sino alla prima metà del XIX
secolo, fin quando Pio VIII,
nel 1829, fece chiudere i singolari giochi. Dopodiché, sistemato e coperto, si
trasformò in fonderia e servì allo scultore Chiaradia per modellare il cavallo
di Vittorio Emanuele II per l'Altare
della Patria. Nondimeno, venne ancora utilizzato per i divertimenti,
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