Un luogo ameno, immerso nel verde, vicino alla riva sinistra del Tevere,
un luogo per incontri romantici, sosta per i viandanti che si
accingevano a raggiungere Roma attraverso la Porta
del Popolo e la via Flaminia. Tutto ciò che sembra suggerirci
l'incisione del Falda del 1600: "Un luogo quasi sacro e ricco di
virtù cui dover dare una buona immagine". Papa Alessandro
VII dovette aver questo pensiero bevendo l'acqua dal sapore ferruginoso
che tanto era stata apprezzata dal suo predecessore Papa Paolo V. Questi
a sua volta aveva fatto costruire, a opera del Vasanzio, una modesta
fonte nella cui epigrafe assai decantava le virtù terapeutiche
dell'acqua Acetosa (...fa bene ai reni, stomaco, milza, fegato e utile a
mille mali). La vicinanza con la via Flaminia (e la fontana di Giulio
III) e con la Porta del Popolo (su disegno
del Bernini) doveva essere, secondo Papa Alessandro VII, l'elemento in base
al quale elaborare il progetto della fontana: un ninfeo, quasi a
sottolineare la sacralità del luogo, costituito da un'esedra tripartita
alla cui base si disponevano le tre vasche con le rispettive bocche
d'acqua, mentre il coronamento si articolava con un timpano concavo
riportante l'epigrafe di Papa Paolo V, quella della precedente
sistemazione in cui si sottolineavano le virtù dell'acqua stessa. E'
assai discussa l'attribuzione artistica dell'opera in quanto i
riferimenti farebbero pensare al Bernini di Porta del Popolo. In realtà
si pensa che il progetto fosse opera di Andrea Sacchi, pittore del
tempo, che delegò la stesura dei disegni all'architetto Marco Antonio
De' Rossi. Ma entrambi morirono prima che i lavori fossero conclusi;
furono portati a termine sotto la direzione del pittore Legendu. Luogo
di incontri romantici: a tale proposito si racconta che, proprio qui, il
principe ereditario di Baviera incontrò, in una delle sue
abituali gite alla fonte, la bella Maria Anna Florenzi, marchesa
perugina che amò con cieca e cocente passione (nonostante fosse gia
sposato in patria). Per rendere ancora più confortevoli i loro
incontri, fece costruire sul bordo esterno due panchine in pietra,
ancora esistenti, con iscrizioni in tedesco e in italiano, e fece
piantare anche degli alberi a coronamento. Un altro papa si interessò
alla fonte; si tratta di Clemente XI che nel 1712 si adoperò in opere
di risanamento e pulitura del luogo, in quanto aveva riscontrato che
durante l'inverno la fonte veniva invasa dalle acque del Tevere. Come
sempre, ad eterna rimembranza del fatto, rimane un'epigrafe, una serie
di scale metriche poste in più punti a misurare la variazione del
livello e la quantità d'acqua penetrata nella fontana. Ancora prima
dell'interesse dei Papi e dei principi, le virtù della fonte erano
state scoperte dal popolo che era solito scegliere la zona come meta di
scampagnate fuori porta. Tanto era gradita e nota l'acqua da favorirne
anche il commercio con nascita del relativo mestiere: quello dell'acquarolo:
egli caricava il suo carretto di fiaschi della magnifica acqua che
rivendeva poi lungo le vie di Roma, ad un soldo la fiaschetta, e si
annunciava gridando a squarciagola: "fresca, fresca l'acquacetosa,
su pijatela sora sposa, quarche bene ve farà..". Immersa
nell'asfalto, non più circondata da prati, senza le lontane prospettive
di verde, il ninfeo oggi appare desolatamente abbandonato a se stesso
dopo un lungo periodo di inattività perchè l'acqua era stata giudicata
dopo tante virtù, inquinata. Ora è tornata a fornire sollievo ai rari
passanti, alimentata dall'acqua vergine. |