Piazza Pasquino
La
più famosa statua "parlante" di Roma è situata
all'angolo di palazzo Braschi, nella
piazza intitolata al suo nome, piazza di Pasquino (ma anticamente
chiamata piazza di Parione). È un frammento di un antico gruppo
statuario ellenistico, raffigurante Menelao che sorregge il corpo di
Patroclo. Venne alla luce quasi per caso nel 1501. Il cardinale Oliviero
Carafa aveva comprato dagli Orsini l'edificio che sorgeva dove oggi è palazzo
Braschi e si era adoperato a sistemare la piazzetta,
lastricandone il fondo. Così, nel bel mezzo dei lavori, venne tirato
fuori dal fango questo antico gruppo marmoreo: il cardinale lo volle
all'angolo del suo palazzo, collocato su un piedistallo. Sull'origine
del nome Pasquino vi sono diverse interpretazioni: chi lo vuole riferito
ad un oste, chi ad un barbiere, chi ad un maestro di scuola e chi ancora
ad un ciabattino, tutti, logicamente, di nome Pasquino. Probabilmente,
iniziò per caso ad essere utilizzato per esporre pungenti satire
anonime verso chicchessia, ma con il tempo si "specializzò"
in feroci satire politiche, perlopiù indirizzate verso il pontefice o,
comunque, verso i personaggi in vista dell'epoca, tanto che questo
genere di "messaggistica" fu detta "pasquinata". Per
tale motivo, la statua corse più volte il rischio di essere distrutta,
specialmente sotto i pontificati di Adriano
VI, di Sisto
V e di Clemente
VIII. Pasquino faceva parte della "congrega degli
arguti", com'era chiamata l'associazione fra il torso di Pasquino e
le altre "statue parlanti" di Roma, Marforio,
Madama Lucrezia, l'abate Luigi, il Facchino ed il Babuino. Le pene per i
colpevoli di "pasquinate" erano severissime e giungevano fino
alla massima pena, quella capitale. Molte sono le "pasquinate"
pervenute fino a noi e qui vogliamo ricordarne alcune, le più mordaci,
anche se spesso è utile una postilla per spiegarne il significato.
Durante la proclamazione del dogma dell'infallibilità papale, avvenuta
durante il Concilio Vaticano I e sotto il pontificato di Pio
IX, esclamò: "Il Concilio è convocato / I Vescovi han
decretato / che infallibili due sono: / Moscatelli e Pio Nono",
dove Moscatelli era il nome dei fiammiferi, sulla cui scatola era
stampato: "Moscatelli - Infallibili" e, dopo poco tempo,
continuò: "I.N.R.I. Io Non Riconosco Infallibilità". Come
abbiamo già detto, indirizzò le sue satire anche verso i personaggi
noti, i "V.I.P." dell'epoca: non poteva certamente mancare la
famosa Donna Olimpia, la "Pimpaccia di piazza Navona". Olimpia
aveva un maestro di camera di nome Fiume; inoltre, occorre rammentare
l'usanza, a quei tempi, di indicare le piene del Tevere con una lapide
ed il livello raggiunto dall'acqua con l'indice della mano puntato
all'altezza della piena. Un giorno, fu trovato sul busto di Pasquino un
disegno raffigurante una donna nuda, senza nessun dubbio somigliante ad
Olimpia Maidalchini, ed una mano con l'indice puntato all'altezza del
sesso e la scritta: "Fin qui arrivò Fiume". Anche ai giorni
nostri non sono mancate le "pasquinate": allorché Roma venne
ricoperta di cartone e gesso per accogliere il potente capo della
Germania nazista, Hitler, Pasquino sentenziò: "Povera Roma mia de
travertino! / T'hanno vestita tutta de cartone / pè fatte rimirà da
'n'imbianchino". O come quella apparsa in occasione della prima
visita a Roma del presidente Gorbaciov: "La perestrojka nun se
magna / da du' ggiorni ce manna a pedagna / sarebbe er caso
de smammà / ce cominceno a girà".
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