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Rione X  Campitelli

 

 

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Straordinaria L'importanza dei luoghi che compongono il decimo rione di Roma. Lo stemma è una testa di drago su campo bianco: secondo una leggenda medioevale, era la personificazione assunta dal diavolo nel tempio di Castore e Polluce nel Foro Romano. Quanto all'origine del nome Campitelli, probabilmente si tratta di una corruzione di "Capitolium", ma regge anche la tesi che fa derivare il nome da "campus telluris" (campo sterrato). I confini delimitano i luoghi sui quali è scritto l'atto di nascita di Roma: il Foro romano e il Campidoglio. Campitelli è sicuramente il più turistico fra i rioni, ma anche il meno abitato, per la presenza dei siti archeologici che messi insieme coprono il 60% della superficie. Il cuore di Campitelli è sicuramente il Campidoglio, il più importante dei sette colli, anche se è il più piccolo. Fin dalle origini sul colle sorgeva il tempio di Giove, meta dei trionfi dei condottieri e principale centro religioso. La tradizione vi collocava anche un tesoro costituito da pepite d'oro e d'argento, frutto di antichissime donazioni ed ex-voto, che si sarebbe trovato sotto le fondamenta del tempio. Quando nel 1919 fu demolito palazzo Caffarelli che poggiava sul tempio, si utilizzò anche un rabdomante per ritrovare l'oro, ma nulla comparve tra le macerie. Resta dunque il dubbio che il Campidoglio nasconda ancora il suo tesoro. Ma anche quello sicuramente esistito, gli splendidi marmi e le colonne del tempio, è totalmente scomparso. Altra leggenda capitolina: sul colle si sarebbe innalzata un'altissima torre che emanava di giorno bagliori d'oro, e di notte il balenìo di una lampada ardente. Avrebbe indicato Roma alle navi sul Tirreno. Ancora: sul Campidoglio ci sarebbero state tante statue quante erano le province dell'impero; e ogni statua avrebbe avuto un campanello al collo, che dava l'allarme ogni volta che nella provincia raffigurata nascevano torbidi o venti di guerra. Curioso il nome di "Fabatosta" dato al Campidoglio durante il medioevo, che deriva dal mercato delle fave secche e fresche, allora aperto alle pendici del colle: il cibo povero per una città povera com'era Roma a quell'epoca. La sistemazione attuale del Campidoglio è il frutto di una storia complessa di progetti ed edificazioni, trasformazioni e rifacimenti, tra '400 (i lavori di Sisto IV), '500 (Michelangelo che disegna la piazza per Paolo III e Giacomo Della Porta che completa l'opera) e '600 (la realizzazione di Palazzo Nuovo, speculare a quello dei Conservatori). Sempre nel XVII secolo Innocenzo X, celebre per la sua avarizia, aggiustò la zona dell'Aracoeli con un singolare metodo di copertura dei costi: addossò le spese interamente ai 'dipendenti capitolini' di allora (addetti alla camera senatoria, alle cancellerie...), facendo man bassa degli stipendi. Furono aboliti gli uffici dei giudici, licenziati molti funzionari e i suonatori di tromba, nonché i 'campanari' della Patarina, la campana delle torre civica. Stessa fine per il Maresciallo del Popolo e il 'custode' della statua equestre di Marco Aurelio. Insomma, un vero saccheggio delle tasche del personale, e un'ecatombe di lavoratori, per far più bello il Campidoglio. A proposito del Marco Aurelio, una tra le più belle statue antiche, incarnazione dell'immortalità di Roma: una nota leggenda medioevale afferma che, quando la statua tornerà completamente rivestita d'oro, la 'civetta' sulla testa del cavallo (in effetti, solo un ciuffo di crini) canterà, e quello sarà l'annuncio della fine di Roma.

Continuiamo il giro del rione scendendo dalla magnifica scalinata michelangiolesca, alla cui base montano la guardia due superbi leoni. Era proprio qui che veniva innalzato il patibolo destinato ai nobili, mentre i plebei erano giustiziati - stano ma vero - al piano superiore, sul Campidoglio, su un

lato dei giardini sopra piazza della Consolazione. Prima del grande sventramento urbanistico, avvenuto durante il periodo del governatorato romano (1926 -1944 ) per tagliare l'ex via del Mare (ora via del Teatro Marcello e via Luigi Petroselli), in questi luoghi, tra le pendici del Colle e piazza Montanara, c'era l'autentica "Roma sparita", quella degli acquerelli ottocenteschi di Roesler Franz, affastellata di case medioevali, pullulante di gente, botteghe, mercati e osterie. Molti scrivani pubblici, unica possibilità di comunicazione epistolare per i molti analfabeti, avevano eletto qui domicilio, come pure i barbieri, che radevano i clienti davanti al cannello d'acqua dell'orinatoio. Erano botteghe itineranti ed estemporanee, fatte di uno sgabello e qualche attrezzo di mestiere. Numerose le osterie: tra le più note, la locanda detta "der Bujaccaro", che distribuiva a pochi centesimi un minestrone fumante ai contadini che affollavano la piazza per il "mercato delle opere" (nell'800 le "opere" erano i lavori dei campi). Se un romano del 1870 si trovasse oggi a Piazza Venezia, avrebbe l'impressione di trovarsi in un altro mondo. Tutto il vecchio quartiere che occupava la piazza è stato travolto per far posto al Vittoriano, iniziato nel 1885. Stessa sorte toccò decenni dopo all'intero agglomerato di case e viuzze che gravitavano intorno alla via Alessandrina e a piazza delle Carrette. La collinetta della Velia venne completamente rasa al suolo per far posto alla via dell'Impero, oggi via dei Fori Imperiali. La caratteristica della strada è data dalle statue degli imperatori davanti ad ogni Foro: quella di Cesare è la copia bronzea dell'originale che è a Palazzo Senatorio, mentre l'originale della statua di Augusto è in Vaticano. Per Nerva, il modello è stato il busto nel museo delle Terme di Diocleziano, per Traiano quello del Museo di Napoli. Una sosta obbligata nel rione è davanti al monastero delle Oblate in via Tor de' Specchi: dentro le sue mura iniziò la sua predicazione Santa Francesca Romana, patrona di Roma.