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Porta Salaria
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La sorte si è accanita contro questa porta, dalla quale entrarono i Visigoti di Alarico nel 410 lasciando attonito il mondo: era stata violata la città che per secoli aveva assicurato la stabilità politica. Ma essa venne danneggiata in modo insanabile da quel cannoneggiamento italiano del 20 settembre che ebbe come propri limiti Porta Pia e Porta Salaria (tuttavia una palla di cannone raminga resta conficcata nel muro della sesta torre sulla destra della Porta Salaria: singolare testimonianza del gesto di forza destinato a piegare la resistenza di Pio IX). Il ripristino della porta venne effettuato in forma di ricostruzione completa dal Vespignani nel 1873. Egli trascurò la precedente foggia ad un fornice di travertino, affiancato da due torri cilindriche. Oggi ne troviamo il tracciato disegnato nel selciato. Ma anche la nuova porta, costruita (nonostante il mutamento di regime) dallo stesso architetto che aveva realizzato Porta Pia per il papa Mastai, è stata tranquillamente abbattuta nel 1921 con le solite motivazioni del traffico, per cui non si seppero trovare altre alternative. Quale curiosità, può essere notata sulle mura a sinistra della porta una latrina, che è la meglio conservata tra quelle superstiti dell'intera cerchia: appoggiata a mensole di travertino, sporge una costruzione semicircolare. Vari sepolcri furono trovati inglobati nelle torri della porta. Forse il più singolare è quello che si trova adesso nel lato interno delle mura: appartiene al fanciullo prodigio Q. Sulpicio Massimo, poeta morto a dodici anni. Un piccolo fabbricato quattrocentesco è addossato all'interno delle mura appartenute alla vecchia villa, che qui giungeva dall'attuale via xx Settembre e che fu dei Cicciaporci, del cardinal Valenti Gonzaga e infine di Paolina Bonaparte. |