Nel 1930 ci si rese conto che il ponte Milvio ormai non rispondeva più alle esigenze del traffico moderno e che, pertanto, nel rispetto dovutogli, era necessario concedergli il meritato riposo, se non altro per
tenere a bada ogni forma di pericoli, che ne avrebbero decretato una fine irreparabile.
Così per le esigenze del traffico proveniente da nord, lungo le consolari Cassia e Flaminia, e per lo sviluppo urbanistico a ritmo serrato della zona a destra del Tevere, un ponte era da ritenersi assolutamente
indispensabile.
Perciò nel 1932 l'architetto Brasini, con la consulenza dell'ingegnere Giannelli, progettò un'opera colossale di proporzioni monumentali capace di "eternare i fasti fascisti sotto la denominazione di ponte
XXVIII ottobre"; ed il Duce approvò.
I lavori presero il via nel 1939 e furono sospesi, a causa della guerra, nel 1943, anche perchè i bombardamenti non risparmiarono danni tali da bloccare il traffico sul ponte.
Nel 1957 la costruzione fu ripresa per concludersi nel 1961. Nel 1962 si verificò un cedimento della pila tra due archi minori di destra ed il transito fu sospeso e deviato per due anni sul ponte Bayley, costruito
appositamente a causa dello stato di emergenza. Superato il particolare momento, il ponte Flaminio tornò in piena efficienza con la riapertura al traffico.
Scrisse Sergio Delli: "Il ponte è ornato da mozzi cippi cilindrici ad imitazione di rocchi di colonne romane, cubi e parallelepipedi, nonchè da alte colonne terminanti in fanali a pigna. Chi lo varca ha la
sensazione di trovarsi nel viale d'accesso del più monumentale cimitero del mondo, tale è l'impressione lugubre che fanno quei cippi, quei cubi e quelle colonne che la grandiosità, il ponte è vastissimo e veramente imponente, non basta a reprimere".
In realtà il ponte fa veramente una bella figura. I cippi recano scolpite le tappe del percorso delle vie Flaminia e Cassia.
Il ponte è lungo 254,94 metri e largo 27. Ha sette arcate in cemento armato.
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