Fontana di Trevi |
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Piazza di Trevi
Zona Rione Trevi
Autore N. Salvi (1732-1762)
Committente Clemente XII
Acqua Vergine
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La fontana di Trevi è certamente la più scenografica e la più nota tra le fontane di Roma e costituisce la mostra dell'Acqua Vergine, proveniente dalle sorgenti di Salone, all'ottavo miglio della via Collatina. Marco Vipsanio Agrippa condusse a Roma l'acquedotto nel 19 a.C., per alimentare le Terme da lui costruite nella zona subito a nord del largo Argentina, tra corso Vittorio Emanuele II e piazza di S. Chiara. Leggendaria l'origine del nome Vergine che, secondo Frontino, sarebbe stato dato dallo stesso Agrippa in ricordo di una fanciulla (in latino virgo) che indicò il luogo delle sorgenti ai soldati che ne andavano in cerca. Secondo altri fu invece un rabdomante a scovare le sorgenti inutilmente ricercate da Agrippa e quindi il nome deriverebbe da virga, ossia la verga adoperata per le ricerche dell'acqua. Ma forse l'origine del nome potrebbe derivare dalla purezza e dalla leggerezza delle acque prive di calcare. In quella che sarà poi l'odierna piazza di Trevi, Agrippa alzò una mostra consistente in un alto muraglione, cui erano addossate tre vasche di raccolta. La fontana restò così fino al 1453, allorché Niccolò V, dopo opportuni lavori di riallacciamento dell'acqua alle sorgenti di Salone, diede incarico a Leon Battista Alberti di restaurare la fonte: in questa occasione furono tolte le tre vasche e sostituite con un unico vascone. La fontana iniziò a chiamarsi "di Trejo" perché situata nella località detta "dello Trejo", in riferimento al Trivio (cioè l'incrocio di tre vie) che corrispondeva all'attuale piazza dei Crociferi: il passo da "Trejo" a "Trevi" fu breve. Ma la fontana iniziò a prender corpo con Urbano VIII, il quale, volendone fare una grandiosa, incaricò del progetto il Bernini. Questi presentò diversi progetti, tutti costosissimi, a causa dei quali papa Barberini aumentò talmente le tasse sul vino che Pasquino si mise a parlare: "Per ricrear con l'acqua ogni romano di tasse aggravò il vino papa Urbano". Ma papa Urbano VIII fece di peggio: dette al Bernini un permesso scritto per demolire "...un monumento antico, di forma rotonda, di circonferenza grandissima e di bellissimo marmo presso S.Sebastiano, detto Capo di Bove...", vale a dire la tomba di Cecilia Metella. Ma stavolta i romani fecero il muso duro e Bernini si dovette accontentare di quel che aveva già smantellato (e non era poco). Urbano VIII e Bernini morirono senza che la fontana fosse stata ultimata: in quel periodo era soltanto un grosso lavatore con un vascone dinanzi e niente più. Quasi un secolo dopo, papa Clemente XII (1730-1740) decise di sostituirla con una fontana monumentale e, a tale scopo, invitò i migliori artisti dell'epoca a presentargli i progetti. Tra tutti i bozzetti inviati, fu scelto quello del romano Nicola Salvi, di evidente ispirazione berniniana. L'artista si mise al lavoro nel 1733, ma, ad opera quasi ultimata, morì prematuramente: il successore, Giuseppe Pannini, terminò la mostra. Clemente XIII inaugurò la fontana nel 1762, così come la vediamo oggi. La grande fontana copre tutto il lato minore di palazzo Poli per una larghezza di 20 metri su 26 di altezza. Il prospetto ha nel mezzo un arco trionfale formato da un ordine di quattro colonne corinzie sormontate da un grandioso attico, a sua volta sovrastato dallo stemma di Clemente XII. Lo stemma, scolpito in marmo, è coronato da una balaustra con quattro statue che simboleggiano le quattro stagioni. Nel fronte dell'architrave è l'iscrizione: "CLEMENS XII PONT. MAX. / AQUAM VIRGINEM / COPIA ET SALUBRITATE COMMENDATAM / CULTU MAGNIFICO ORNAVIT / ANNO DOMINI MDCCXXXV PONT. VI". Al centro di una base rocciosa ricca di scogli e di figure dello scultore Maini, si erge imponente la statua di "Oceano" sopra un carro a conchiglione trainato da due cavalli marini, guidati da altrettanti tritoni. I cavalli, uno placido e l'altro agitato, simboleggiano i due aspetti del mare. Le due statue nelle nicchie laterali raffigurano "Abbondanza" (a sinistra) e "Salubrità" (a destra), mentre i bassorilievi sovrastanti ricordano uno la leggenda di Agrippa che approva il progetto dell'acquedotto e l'altro la vergine romana che indica ai soldati assetati le sorgenti dell'acqua. Lungo il piano stradale vi è la grande vasca a bordi rialzati simboleggiante il mare. Diverse le leggende e gli aneddoti legati alla fontana di Trevi: il più conosciuto è la credenza che, gettando un soldino nella fontana, rigorosamente di spalle, si ritorni a Roma. Più romantico l'uso di far bere l'acqua della fontana al fidanzato che parte per il servizio militare o per lavoro e spezzare poi il bicchiere, in modo che l'uomo non possa più dimenticarsi né di Roma né della fidanzata. Si narra che il grosso vaso posto alla destra della fontana (per chi guarda) e soprannominato "asso di coppe", sia stato collocato lì dallo stesso Salvi, affinché un barbiere, che lo disturbava con le sue continue critiche, non potesse più vedere i lavori. Nella piazza si trova anche una delle più famose "Madonnelle" di Roma, quelle bellissime edicole mariane sparse lungo le strade e che sono una preziosa testimonianza di una tradizionale fede popolare. La loro origine si ricollega alla religione romana antica, dalla quale il Cristianesimo ha tratto spunto: piccoli tempietti o "aediculae" venivano infatti eretti agli incroci delle vie o nei crocicchi di campagna in onore dei Lares Compitales, le divinità che proteggevano i viandanti. Durante il Medioevo, nel Rinascimento e più ancora dopo la Controriforma, le edicole mariane si diffusero in tutti gli angoli della città, tanto che nel più ampio catalogo che di esse fu redatto (quello di Alessandro Rufini della metà dell'Ottocento) ne erano elencate ben 1421. Questa di piazza di Trevi è posizionata così in basso da non poter passare inosservata. La Vergine dipinta sul muro (scarsamente visibile, in verità, a causa del vetro che la riveste) è circondata da una raggiera di stucco stellata. Due angeli poggianti su un piedistallo sostengono una ghirlanda. È presente anche il baldacchino e il solito lampioncino con eleganti volute in ferro battuto. Proprio perché espressione di arte popolare, l'autore, come per la maggior parte delle "Madonnelle", è anonimo, probabilmente un umile artigiano: solo raramente sono state eseguite da qualche artista più rinomato. |