Salito al soglio, Giulio III si era fatto costruire la bella villa
lungo la via Flaminia, cinta da un lussureggiante parco adorno di piante,
statue e giochi d'acqua. Tra questi il non mai sufficientemente decantato
Ninfeo (Fons aquae Virginis) dell'Ammannati, rende sacro in qualche modo,
come afferma il D'Onofrio, un luogo ch'era invece nient'altro che un
amenissimo ed altrettanto profano "loco di delitie" voluto da un
papa dai costumi tutt'altro che esemplari, sottraendo non poca acqua
Vergine all'acquedotto, tanto che nel 1552 fece erigere alle spalle del
ninfeo una fontana monumentale per "pubblica commodità"
anch'essa attribuita all'Ammannati, posta all'imbocco della strada di
accesso alla villa. Ciò spiega il perchè dell'inconsueta posizione,
scomoda visuale per chi si recava a Roma attraverso Porta
del Popolo, ma la logica
collocazione per risolvere un problema tecnico, successivamente le
fu messa alla destra dell'accesso, un abbeveratoio per i cavalli (1672).
Entrambe le fontane erano addossate ad un prospetto architettonico, tanto
da costituire un degno proscenio alla villa Papale. E' dell'abbeveratoio
che ci occuperemo qui. Giulio III antepose alla fontana monumentale,
un abbeveratoio di non grandi pretese, ma dignitoso; un vascone ovale di
granito di origine termale in cui versava acqua una fistola proveniente da
una testa o mascherone superiore. Non è certa l'attribuzione all'Ammannati
che era già stato architetto della fabrica Julia. Per una più degna
sistemazione dobbiamo arrivare al 1672 quando il Cardinal Borromeo
subentrò quale proprietario della villa e dei terreni
circostanti. Egli ordinò per la fontana un prospetto architettonico a due
ordini: quello inferiore adorno di un timpano, quello superiore
quadripartito da lesene e terminante con un elemento a volute, in cui
campeggia lo stemma e l'iscrizione che troviamo ora traslata rispetto alla
posizione originaria, ed erroneamente attribuita alla fontana
delle Conche. Aggiunse probabilmente anche il mascherone con la
valva di conchiglia. Passarono gli anni e si alternarono vari proprietari
dei palazzi e dei terreni, ma la fontana non subì mutamenti fino alla
metà del 1800, quando per motivi urbanistici venne smembrata quella del Babuino
(1877). Mentre la celebre statua veniva depositata in un cortile, la sua
vasca sostituì quella granitica dell'abbeveratoio, e quest'ultima fu
trasferita in Villa Borghese. La fontana è più nota come Arcosolio di
Benedetto XIV e per chiarire questo appellativo dobbiamo esaminare le
faccende successive che la coinvolsero. Verso Porta
del Popolo, sullo stesso lato della
nostra fontana, se ne trovava un'altra in ben misere condizioni, Papa
Benedetto XIV ordinò nel 1750 che fosse restaurata e ne diede incarico a
Giulio Sinibaldi. L'appoggiò ad un muro bugnato,all'interno di una specie
di grotta tombale (arcosolio) e per commemorare l'avvenimento, fece
apporre una epigrafe in latino che ricordava chi avesse curato il
restauro, da quale acqua era alimentata, ecc. Nel 1932 la Camera del
Notariato, divenne proprietaria del terreno retrostante l'abbeveratoio,
fece demolire il prospetto del Borromeo, smontò epigrafe e fontana. La
prima fu collocata molto più in basso e l'originaria fontana su
sostituita con la brutta composizione attuale delle conche, lasciando solo
la vasca del Babuino, che però fu restituita all'originale nel 1957. La
vasca e il mascherone dell'abbeveratoio furono trasferiti nell'arcosolio
papale. Nel frattempo il palazzo in cui era collocato era divenuto lo
studio di Mariano Fortuna, il fotografo. Ma la stessa Camera del Notariato
nel 1965 acquistò anche lo studio-fienile che restaurò in maniera molto
discutibile, smontando nuovamente l'arcosolio. Infine l'architetto Attilio
Spaccarelli gli diede definitiva sistemazione retrocedendo verso
l'originaria collocazione: appoggiò la valva col mascherone su un muro in
calcestruzzo ondulato, lontano dal bel prospetto del Borromeo. In
quest'ultimo passaggio fu anche sostituito il vascone con un sarcofago con
maniglioni di origine
romana. |