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Per vedere questa chiesa occorre certo armarsi di buona volontà, date le difficoltà di accesso, e la posizione che, se pure non lontana dalla via Appia Antica, è certo al di fuori degli itinerari turistici consueti; ma ne vale la pena, dato l’eccezionale ambiente in cui questa chiesa è inserita. I vincoli posti all’edificazione nel comprensorio dell’Appia hanno permesso la presenza di un frammento notevole di Agro Romano a due passi dalle mura Aureliane, frammento ricchissimo di memorie storiche, poiché nei pressi della chiesa di S. Urbano (cui si accede da via Appia Pignatelli, e poi dal vicolo di S. Urbano, dove, nel parco di una villa, ora ristorante, si trova la chiesa) vi sono anche la grotta della Ninfa Egeria, dove secondo tradizione il re Numa Pompilio andava a chiedere consiglio alla ninfa stessa, con l’annesso Bosco Sacro, un tempo più esteso, ma ancora di grande suggestione. La chiesa si è adattata all’interno di un tempio del II secolo d.C., che faceva parte delle proprietà del ricchissimo Erode Attico, ed è eccezionale lo stato di conservazione dell’edificio antico i cui intercolumni di facciata furono murati nel XVII secolo e che conserva ancora parte della finissima decorazione in cotto. Il tempio fu trasformato in chiesa nel X secolo, e di poco successivi sono gli importantissimi affreschi che decorano la chiesa internamente, opera del pittore Bonizo, come si può leggere nell’iscrizione sopra la porta, datata 1011. Gli affreschi sono stati ridipinti nel Seicento, ma i tipi iconografici e la composizione costituiscono un importante documento della maniera pittorica in voga a Roma a quell’epoca, oscillante tra riprese dello stile bizantino e uno stile espressionistico definito «popolaresco», forse impropriamente. Nella chiesa è una cripta, anch’ essa affrescata. |