Il
principale luogo di culto di Trastevere, e una delle più importanti e
ricche di opere d’arte tra le chiese romane, dovrà giocoforza essere
descritta qui sinteticamente, a cominciare dalla fontana che si trova al
centro della piazza di S. Maria in Trastevere, di antichissime origini,
rifatta più e più volte, l’ultima nel 1873.
Nel
38 a.C. qui avvenne un prodigio, la fuoriuscita di un getto di olio
dalla terra, nella successiva interpretazione cristiana, prefigurazione
dell’avvento del Cristo. Il luogo di culto cristiano risale al III
secolo, quando vi sorgeva una domus
ecclesiae, dove vi celebrava papa Callisto (217-222): nel IV secolo
papa Giulio I (337-352) vi eresse la prima chiesa in Roma dedicata alla
Vergine. L’edificio fu ricostruito dalle fondamenta da papa Innocenzo
II (1130-1143). e fu completato nel 1148, divenendo una delle chiese più
ricche e splendide della città, continuamente abbellita e decorata nei
secoli, fino agli ultimi restauri, per molti versi catastrofici, sotto
Pio IX.
Il
portico attuale è opera di Carlo Fontana, del 1702, che modificò anche
la parte alta della facciata, rimaneggiata ancora nell’Ottocento,
facciata che comunque conserva mosaici della fine del XIII secolo
raffiguranti La Vergine tra due
donatori e due teorie di sante. Il campanile romanico è coevo alla
ricostruzione del XII secolo.
All’interno
del portico è una ricchissima collezione di epigrafi e decorazioni
marmoree tra cui notare i resti di plutei e transenne dell’antica
basilica, di cui alcuni bellissimi. Al quarto pilastro del portico, da
destra, il cippo che conteneva le ceneri di Innocenzo II e la sua
epigrafe tombale.
Maestoso
l'interno basilicale, a tre navate con transetto, di forte impronta
classicheggiante. Il pavimento in stile cosmatesco fu completamente
rifatto dall’architetto Virginio Vespignani durante i restauri
ottocenteschi; le navate sono divise da ventidue colonne di granito
provenienti dalle Terme di Caracalla, con splendidi capitelli ionici da
cui
occhieggiano figurine e simboli egittizzanti. Il soffitto ligneo a
lacunari è una superba creazione classicheggiante del 1617, su disegno
del Domenichino, che ha dipinto anche l’Assunta nell’ottagono
centrale.
Il
presbiterio e il ciborio sono stati rifatti ampiamente nell’Ottocento,
mentre l’abside conserva ancora pressoché integro un preziosissimo
insieme di mosaici; quelli dell’arco absidale e della calotta sono
coevi alla ricostruzione del 1148 e tra i più ricchi, anche
compositivamente, dei tanti eseguiti nelle chiese romane durante il XII
secolo.
Ancor
più importanti i mosaici tra le finestre dell’abside, più in basso,
di un secolo e mezzo più tardi, con Storie
della Vergine commissionate
dal cardinale Stefaneschi a Pietro Cavallini nel 1291, e che
costituiscono uno dei più evidenti esempi del momento di passaggio
dalle forme ieratiche dell’arte bizantina alla scena prospettica
dell’arte italiana «moderna».
A
sinistra dell’abside si apre la cappella Altemps, che conserva la Madonna della Clemenza, un
assoluto unicum storico-artistico, poiché si tratta di una delle più
antiche icone che esistano oggi, datata al VI
secolo.
Tornando
indietro per la navata sinistra, la prima cappella che si incontra è la
cappella Avila, deliziosa opera «teatrale» tardobarocca di Antonio
Gherardi (1680), modellata dalla luce secondo stilemi di matrice
borrominiana,
con un secondo cupolino interno alla cupola principale, che pare sospeso
nel vuoto, retto solo dalle mani degli angioletti in stucco.
La
chiesa è ricchissima di altre opere d’arte, solo per modo di dire
«minori», nelle
cappelle delle navate e del transetto, e negli ambienti
della
sagrestia, tali da farne un vero e proprio museo dell’arte a Roma,
specie tra la fine del Cinquecento e l'Ottocento.
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