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S. Pietro
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Piazza San Pietro |
06.6984466 |
M Ottaviano- San Pietro |
BUS 19 23 32 49 64 81 492 991 |
La Basilica com'era
La
testimonianza più antica che parla della sepoltura di San Pietro è
riportata nelle “Storia Ecclesiastica” scritta dallo storico teologo
Eusebio di Cesarea; egli cita lo scritto di “un uomo della chiesa di
nome Gaio, vissuto a Roma al tempo di Zefirino” (tempo intercorrente tra
il 199 ed il 217), che polemizza con Proclo, capo della comunità
montanista di Roma; perciò l’edicola ritrovata dagli archeologi, prende
il nome di "trofeo di Gaio" da questa testimonianza: un trofeo (tropaion)
che ricorda sì una vittoria, ma anche quella sulla morte ottenuta
attraverso il martirio; la testimonianza di Gaio dimostra che i cristiani
di Roma conoscevano bene l’ubicazione del sepolcro di Pietro. La memoria
del martirio era ancora vivissima, perché se ne potesse tenere le tracce. La
basilica di San Pietro in Vaticano, la grande chiesa della cattolicità,
è sorta sul luogo dove papa Anacleto (76-88)
fece costruire, nell'80 circa, un piccolo oratorio di
marmo per ricordare il martirio dell'apostolo. In un primo tempo
questo “oratorio” fu racchiuso in lastre di marmo su tre lati,
lasciando aperta la parte che dava la visibilità della nicchia; due file
di colonnine a torciglione terminanti in una cancellata circoscrivevano
tutto lo spazio antistante. Il luogo su cui sorse
questo primo nucleo in età classica fu occupato dal circo di Nerone, fra
il monte Vaticano, il Tevere ed il Granicolo. Il
Circo era situato dove oggi sorgono l’Arco delle Campane, la Piazza di
Santa Marta e le navate di sinistra della basilica. A metà della
"spina" che divideva le due parti della pista, sorgeva
l’obelisco portato da Caligola dall’Egitto, l’unico resto
dell’antico circo che è possibile vedere ancora, come lo videro i primi
martiri Romani Nel
250 circa fu innalzato un muro a destra dell’edicola, nominato dagli
archeologi come muro “G”. Il muro in questione fu presto ricoperto da
moltissimi graffiti, in cui il nome di Pietro è citato in segno di
venerazione e quale mezzo d’intercessione presso Dio. Nel
324, l'imperatore Costantino sostituì la modesta basilichetta con una
costruzione di tipo costantiniano, non diversa dalle altre chiese
edificate a Roma in quel periodo; ma la diversità di questa nuova
costruzione fu che l’impianto riuniva la funzione di Martyrium e
d’aula funeraria. Il
colle Vaticano che presentava una pendenza piuttosto rilevante, venne
sbancato da un lato e dalla parte opposta fu creato un grande interramento
che includeva anche la necropoli che nel IV secolo era ancora usata. La
Basilica venne orientata ad occidente per conservarne la posizione verso
la tomba di San Pietro. Compiuto
nel 349 da Costante, figlio di Costantino aveva forma a croce latina; un
quadriportico chiamato “Paradiso” immetteva nella Basilica.
Nell’interno, cinque navate precedevano un ampio transetto. Nel
396 d.C. papa Silvestro inaugurò l’edificio; da antichi scritti, si ha
una descrizione delle dimensioni: ” Sancto Pietro è lungo 200 passi e
largo 112, con cinque navi con colonne et ha altari 52, con un pavimento
di marmi e porfidi et serpentini mischiati et la tribuna di musaici.” Le
eccezionali misure per quell’epoca era di 119 metri di lunghezza e 64 di
larghezza. Davanti
al coro, un transetto continuo era sovrastato da un grande arco di
trionfo; questa parte del tempio era riservata al clero solo durante le
funzioni liturgiche, altrimenti era accessibile a tutti i fedeli che vi
sostavano per venerare le spoglie del Santo. Il
pavimento altro non era che lo spazio cimiteriale e la navata centrale era
formata da lapidi tombali. Ben 44 delle 96 colonne sorreggevano la
trabeazione della navata centrale ed 11 finestroni le davano luce. La sua
altezza superava i 30 metri. L’accesso
alla portico della Basilica era preceduto da 35 gradini di marmo che i
pellegrini abitualmente salivano in ginocchio, pratica cui si sottopose
volontariamente ed umilmente anche Carlo Magno nella sua prima visita a
Roma nell’anno 774. Ai
lati della Basilica , Costantino aveva fatto edificare due abitazioni, da
una delle quali ebbe poi origine il Palazzo pontificale attuale. Leone
Magno (440-461) arricchì la facciata con una decorazione musiva, che
venne in seguito restaurata nell’VIII secolo. Poche
testimonianze scritte parlano di un grandioso ciclo di affreschi della
navata mediana, commissionati sempre da Papa Leone. Un
nartece era posto all’ingresso della Basilica ; Papa Simplicio
(468-483), lo trasformò in quadriportico (già nominato). L’enorme
pigna che oggi si ammira nei giardino del Belvedere in Vaticano, era posta
al centro del portico, sotto un’edicola a baldacchino. Tre
sacelli dedicati ai due San Giovanni ed alla Santa Croce, così come il
restauro della rotonda di S. Andrea con il mausoleo di Onorio che
sorgevano sul fianco sinistro della basilica si devono alla volontà di
Papa Simmaco (498-514). La famiglia degli Anici aveva un sepolcro dietro
l’abside. Sotto
la curva dell’abside, Gregorio Magno (590-605) ricavò una cripta
anulare ed attraverso una finestrella i pellegrini potevano vedere la
camera sepolcrale di San Pietro. Sempre papa Gregorio fece innalzare un
altare sulla "Memoria", perché proprio sulla tomba di Pietro
potesse essere celebrata l’Eucaristia. Vicino
alla facciata, Giovanni VII volle dedicare un oratorio alla Vergine:
decorato a mosaici fu poi cancellato dal rifacimento del Maderno
all’inizio del ‘600. Onorio
I aveva fatto ricoprire il tetto basilicale con tegole di bronzo sulle
quali con il passare degli anni erano stati incisi i nomi di alcuni papi e
regnanti; da alcuni scritti di Severano si sa che alcune tegole furono
conservate fino ai tempi di Paolo V (1605-1621), e recavano i nomi di
Alessandro III (1159-1181), Innocenzo II (1130-1143), Celestino III
(1191-1198) e Benedetto XII (1335-1342). Gregorio
IV (827-844), adornò la facciata di ricchi mosaici, che in seguito furono
restaurati da Gregorio IX (1227-1241). I
pirati saraceni nell’846 saccheggiarono il tesoro di San Pietro; venne
trafugata anche una croce d’oro donata da Costantino ad Elena.
Per evitare altri episodi sacrileghi, papa Leone IV (847-855), fece
del complesso un borgo fortificato: la “Civitas Leonina”. Le
pareti della navata inferiore erano state fatte decorare da Papa Formoso
(891-896) con dipinti che illustravano brani del vecchio e nuovo
testamento e Nicolò III aggiunse anche i ritratti dei Papi che lo avevano
preceduto, sino al suo tempo. L’altare
maggiore era sopraelevato da sette gradini e sovrastava l’ipogeo della
Confessione. Ai lati era un susseguirsi di Oratori ed altari. La
sacra costruzione aveva sei porte così denominate: Santa, Guidonea,
Romana attraverso la quale avevano accesso le donne, Argentea, Ravegnana,
Del Giudizio. Un
onore particolare spettò a Carlo Magno che ebbe inciso sulla porta di
bronzo in lettere d’argento il nome delle città che lui aveva donato
alla santa Sede. Nel
Medioevo, Callisto II (1119-1124) incluse l’altare di Gregorio Magno in
uno nuovo. Accanto a San Pietro riposavano le spoglie dei primi suoi
successori ed uno stuolo infinito di santi ed apostoli, tra i quali Simone
e Giuda. Nel
portico della basilica, avevano trovato estrema dimora parecchi imperatori
e principi fra i quali Ottone I di Germania, Gedualla ed Offa re degli
Anglo-sassoni Sotto
il papato di Innocenzo III (1198-1216) venne iniziata una possente opera
decorativa che terminò al tempo di Gregorio IX (1227-1241); un grande
mosaico sostituì quello più antico nell’abside; anche la facciata
venne rifatta. Niccolò
III (1227-1241), fu il committente di una cappella gentilizia e molto
probabilmente anche gli affreschi dell’atrio si possono attribuire a
questo pontificato. Di questo ciclo si conservano ancora i due apostoli
Pietro e Paolo. A capo dei lavori era Arnolfo di Cambio cui si deve anche
la tomba di Bonifacio IV che venne poi distrutto. Nei
tempi dell’esilio ad Avignone del Papa (1309-1377), continuarono le
decorazioni nella Basilica; si attribuisce a Giotto il mosaico della
navicella, il polittico Stefaneschi, e quello dell’altare maggiore in
cui si legge la mano del grande pittore nelle figure del Cristo e della
Vergine, commissionati dal Cardinale Jacopo Stefaneschi. Dopo
circa undici secoli, nel 1452, visto che la basilica era ormai fatiscente,
Niccolò V (1447-1455), su consiglio di Leon Battista Alberti, decise di
procedere alla ricostruzione di tutto il complesso, affidando i lavori a
all’architetto Bernardo Rossellino. Venne subito iniziata la riprogettazione partendo da un’abside nuova a ridosso di quella costantiniana, ma alla morte di Papa Niccolò i lavori subirono una battuta di arresto fino all’avvento di Giulio II Della Rovere (1503-1513), che, persona dotata di un’indomabile energia avviò un grandioso programma urbanistico e monumentale che trasformava in primo luogo il Vaticano in una città degna dei tempi imperiali. Solo
nel 1506 il pontefice Giulio II° della Rovere riprese i lavori; per
costruire un edificio più moderno con un impianto a croce greca ispirata
al Panteon, si iniziò col demolire gran parte della prima basilica ed a
Donato di Pascuccio, più noto col nome di Bramante ne fu affidata
l’opera, che per questa occasione venne titolato come "maestro
ruinante". Alla
direzione dell'opera si susseguirono Frà Giocondo da Verona, e Raffaello
che riportò il progetto sulla pianta a croce latina. Nel
1520 moriva Raffaello, ma il suo disegno fu proseguito da Antonio da
Sangallo. Nel
1547 toccò a Michelangelo Buonarroti la direzione dei lavori. Egli
riprese il progetto del Bramante che prevedeva una pianta centrale, come
se la basilica spiccasse al centro di una piazza e ritornò alla forma in
pianta a croce greca. Alla
morte di Michelangelo Buonarroti i lavori erano arrivati al tamburo della
cupola; Il
suo progetto venne proseguito fedelmente da Vignola, poi Pirro Ligorio. Nel
1588 toccò a Giacomo Della Porta ed a Domenico Fontana la responsabilità
della Basilica; sotto l’egida dei
papi Leone X (1513-1521), Clemente VII (1523-1534), Paolo III
(1534-.1549), Giulio III (1550-1555), Marcello II (1555), Paolo V
(1605-1621), proseguirono i lavori ed eressero la
maestosa cupola voluta da Michelangelo e dal 1607 Carlo Maderno portò a
compimento tutta l’opera. Paolo
V rimise mano al progetto per riportare la forma dell’edificio da croce
greca a croce latina; si indisse un concorso di progettazione che venne
vinto dall'architetto Carlo Maderno: l’opera fu iniziata nel 1607 e
terminata nel 1612. Egli inserì nell’edificio tre cappelle per lato e
proseguì le navate fino alla facciata odierna, usando nella costruzione
ingenti quantità di travertino di Tivoli. Alla morte di Carlo Maderno, nel 1629, succedette il pupillo di Urbano VIII, (1623-1644), Gianlorenzo Bernini, che impresse all'edificio il carattere barocco che prevalentemente lo Caratterizza. E’
del 1647 l’esecuzione del Monumento ad Urbano VIII e per la prima volta,
furono usati marmi di colore diverso. Nel 1658 papa Alessandro VIII gli
commissionò la Cattedra di San Pietro. La
sua grande opera è presente nelle decorazioni della navata centrale e su
quelle laterali; eresse il baldacchino di bronzo, iniziato nel 1624 ed
inaugurato il giorno di San Pietro nel 1633, progettò e decorò i
pilastri della cupola con la sistemazione delle quattro grandi statue e
collocò sul fondo dell'abside la Cattedra di San Pietro, una delle più
fastose invenzione della fantasia del Bernini, che racchiude al suo
interno l'antica cattedra lignea usata dall'apostolo Pietro. Sotto
il pontificato di Alessandro VII (1655-1667), venne risistemata la Piazza
di San Pietro sempre ad opera dello stesso Bernini, mentre sotto Clemente
X° (1670-1676), l'architetto ideò e condusse a termine il
tempietto rotondo che costituisce il tabernacolo della Cappella del
Sacramento. Il
completamento del nuovo grandioso edificio occupò ben 179 anni, vide 28
pontificati e La sua consacrazione avvenne sotto Urbano VIII il 18 novembre 1626.
La basilica com'è
La Basilica di San Pietro come è visibile oggi con pianta a croce greca, è in parte il progetto architettonico del Bramante, ampliato e riveduto da Michelangelo; la facciata di Carlo Maderno misura 119 metri di larghezza e 44 di altezza; è arricchita ai lati da due grandi orologi opera di Giuseppe Valadier del 1795 e voluti da Pio VI. Essa è di proporzioni grandiose ed è scandita da enormi colonne che la dividono in un grande portico centrale e due arcate laterali; alla sinistra, l’arco della campane immette nella Città del Vaticano. La sovrasta una teoria di nove balconi a loro volta sormontati da un attico chiuso in alto da una balaustra abbellita da undici gigantesche statue opera degli allievi di Bernini; esse rappresentano gli Apostoli, Cristo e San Giovanni Battista; manca la statua di San Pietro cui tutto il complesso è dedicato. Sei Campane, fra cui la più grande è il famoso “Campanone” sono inserite all’estrema sinistra; la campana più piccole è detta “la predica” e risale al 1288. La loggia delle Benedizioni si apre proprio al centro della facciata ed è proprio da quel balcone che viene annunciala l’elezione del nuovo Papa e viene impartita la prima benedizione “Urbi et Orbi” dell’eletto. Ambrogio Bonvicino è l’autore del bassorilievo sotto la porta principale, raffigurante Gesù che consegna le chiavi a san Pietro. La
Cupola di Michelangelo di cui sono visibili le poderose nervature, domina
e racchiude tutta questa grandiosità fra le cupole minori delle cappelle
Gregoriana e Clementina di Giacomo Barozzi da Vignola. La palla che regge
la croce del cupolone, può contenere fino a 12 persone. Il complesso Basilicale ha dimensioni straordinarie: la sua superficie è di mq. 22.000, è lunga 230 metri, di cui 25 sono la lunghezza del portico d’ingresso. La facciata ha un fronte di metri 115 e la sua altezza è di 46. Sei campane sono poste a sinistra; la più grande è il celeberrimo “campanone” e la più antica, risalente al 1288 è “la predica”. Nel centro della facciata, si apre la Loggia delle Benedizioni ed è proprio da questo magnifico “balcone” che vengono annunciati i nuovi papi e da cui viene impartita la prima benedizione “Urbi et Orbi” dell’eletto. Un
bassorilievo di Ambrogio Bonvicino adorna la porta principale “Gesù che
consegna le chiavi a San Pietro”. Cinque
porte immettono nella Basilica e l’ultima a destra
è la porta santa che
si apre solo in occasione dei giubilei. La prima volta venne aperta per il
giubileo del 1423 ed il suo transito significa la purificazione del
peccato verso la grazia; essa è opera dello scultore Vico Consorti che la
donò a Papa Pio XII, effigiato nell’ultima delle sedici formelle che la
compongono. Alla sinistra si può vedere la Bolla di Bonifacio VIII con la quale venne indetto il primo giubileo nel 1300. Dal 1500 fino al 1975, la Porta Santa era chiusa da un muro; al momento dell’apertura in Papa, con un martelletto, dava il via alla demolizione che veniva portata a termine dai muratori. Uno dei primi martelli usati dal Pontefice per questa funzione era d’ora; nel 1525 venne sostituito con un martelletto d’argento dorato, con il manico d’ebano. Nel momento della chiusura della Porta, il Papa Usava una piccola cazzuola e con questo dava il via alla nuova muratura che avrebbe ostruito il passaggio fino all’apertura successiva. L’ultima volta che venne usato questo cerimoniale fu nell’Anno Santo del 1950. Dell’antica
basilica si conserva e si ammira la porta Centrale. E’ stata eseguita
tra il 1439 ed il 1445 da Antonio Avarlino detto il Filerete su
commissione di Eugenio IV. Divisa in sei quadri che rappresentano
dall’alto a sinistra: il Cristo Salvatore, benedicente, a destra, la
Vergine. Nella parte centrale a sinistra San Paolo con la spada ed un vaso
pieno di fiori ai suoi piedi, a destra San Pietro che porge le chiavi a
Papa Eugenio IV. Negli ultimi riquadri è rappresentato il martirio dei due apostoli: a sinistra il martirio di Paolo, che subisce la decapitazione, a destra quello di Pietro, che viene accompagnato al Vaticano per la crocifissione sulla croce capovolta. In basso, nella parte interna della porta l’artista ha firmato in maniera alquanto insolita la sua opera: egli ha rappresentato i suoi allievi al seguito di un mulo che lui stesso cavalca. La parte figurativa è chiusa da un rilievo di marmo di Bernini che indica Cristo mentre affida a Pietro le sue pecorelle.
La
porta del giudizio, detta anche “Porta della Morte”, è opera dello scultore
Manzù del 1964;si trova all’estrema sinistra ed è proprio da qui che
escono i cortei funebri dei Pontefici. Fu commissionata allo scultore da
Giovanni XXIII e dedicata a Don Giuseppe De Luca. E’
composta da quattro riquadri. Nel più grande è rappresentato la
deposizione di Cristo e l’assunzione di Maria al cielo. Nel
secondo un altorilievo rappresenta il tralcio ella vite e delle spighe
tagliate, simboli dell’Eucarestia: pane e vino Nella parte interna, più semplice, lo scultore ha impresso l’impronta della sua mano e scene del Concilio Vaticano II, con il primo cardinale africano, Rugambwa, che rende omaggio al papa. A destra della porta centrale si trova la porta dei Sacramenti che venne inaugurata il 12 settembre 1965 da Paolo VI ed è opera dello scultore Venanzio Crocetti. Vi
è un angelo che annuncia al mondo quale fonte di grazia i sacramenti che
sono rappresentati in successione sul pannello di sinistra: Battesimo,
Cresima, Penitenza; su quello di destra leggendo dal basso all’alto: l’Eucarestia,
il Matrimonio, l’Ordine Sacro e l’Unzione dei malati.
Nel 1972 è stata inaugurata la porta della Preghiera, opera di Lello Scorzelli, detta anche Porta di Santa Marta poiché immette nella città del Vaticano sulla piazza omonima. Il
monumentale mosaico della “Navicella” è nel portico di fronte
all’ingresso principale ed è la copia dell’opera di Giotto del ‘600,
purtroppo andato perduto; venne commissionato dal Cardinal Stefaneschi nel
1298. Una parte dell’originale è conservato nelle Grotte Vaticane ed è
un angelo racchiuso in un tondo.
Entrando,
lo sguardo che spazia fino all’abside coglie la grandezza della
Basilica. La
navata centrale è divisa in otto archi. Le misure della varie chiese sono
riportate sul pavimento della navata stessa. I
fondatori dei vari ordini religiosi sono visibili nelle nicchie e nei
medaglioni sui contropilastri, opera di Bernini, sono effigiati i Papi
sino a Innocenzo X. I
mosaici che adornano san Pietro, sono stati calcolati in circa 10mila
metri quadri, l’equivalente di due campi di calcio. Per avere un’idea
del grandissimo sforzo creativo, si pensi l’immenso mosaico della cupole
è di132 m e con un diametro di 42. La
navata centrale è scandita da pilastri scanalati in marmo e stucco bianco
d’ordine corinzio
I
quattro grandi archi portanti della cupola che ha 42 metri di diametro,
poggiano su quattro enormi piloni pentagonali ed hanno un perimetro di 71
metri. Sono opera del Bramante, consolidati poi da Michelangelo. La
cupola raggiunge i 136,50 metri di altezza e la sua lanterna è alta 17
metri. Sedici grandi finestre inserite nel tamburo danno luce allo spazio
sottostante. Quando
il cielo è limpido, nei giorni sereni, dalla terrazza esterna della
cupola, si può vedere il mare a 30 Km di distanza. La
parte terminale dei mastodontici pilastri (pennacchi) è ornata da quattro
grandi medaglioni a mosaico raffiguranti i quattro evangelisti di Cesare
Nebbia. Ai mosaici della
cupola lavorarono anche Giovanni De Vecchi ed il Cavalier Arpino. Alla
base dei piloni, sono stati inseriti da Bernini quattro grandi nicchie
sovrastate da logge con dei tabernacoli retti da colonne marmoree a
spirale, risalenti alla basilica costantiniana, ed abbellite da
raffigurazioni ad altorilievo di angeli che mostrano gli strumenti della
passione di Cristo. In
queste nicchie decorate ed eseguite tra il 1629 ed il 1639, sono
alloggiate le statue di S, Longino scolpita da Bernini stesso, la Veronica
di Francesco Michi, S. Andrea di Duquesnoy (fiammingo), S. Elena opera di
Andrea Bolgi. Sedici
costoloni dividono l’enorme cupola e le decorazioni mosaicali che
l’adornano rappresentano papi e vescovi che nella Basilica hanno trovato
sepoltura, oltre che a figure di santi e angeli i cui disegni sono opera
di Cavalier D’Arpino. I
pilastri delle navate laterali risalenti ad Innocenzo X (1644-1655) sono
invece rivestite di marmi policromi con busti di angeli. Due
scale consentono l’accesso alla Confessione; le sue pareti sono adorne
di marmi policromi del Maderno e di martino Ferabosco. La statua di Pio VI
inginocchiato, opera di Canova che a suo tempo era in questo sito, ora si
può ammirare nelle Grotte Vaticane.
L’altare maggiore sul quale può officiare messa solo il Papa e che sovrasta la tomba di San Pietro, è spostato notevolmente verso l’abside. E’ stato ricavato da un blocco di marmo del fori imperiale. Eretto
nel 1624 è ricoperto dal celeberrimo baldacchino berniniano alla cui
realizzazione collaborò anche Borromini; l’altezza dalla base allo
croce è di 27 metri. Le colonne tortili che lo circondano sono alte 20
metri ed il bronzo dorato impiegato altro non era che la travatura della
cupola del Pantheon; perciò sembra appropriato che sullo stesso sia
rappresentato il simbolo di Papa Urbano VIII Barberini che ordino la
spoliazione del bronzo, come uno sciame di api e cui viene rubato il
miele. Il
baldacchino si presenta come un cielo che imita le volute della stoffa,
sembra più un’opera di tappezzeria che d’architettura. La geniale
trovata di Bernini, lascia intravedere lo sfondo della Basilica così
l’occhio può spaziare sulla profondità della stessa dando
l’impressione di ancor maggiore profondità. Le
colonne a tortiglione danno un grande movimento ed agilità a tutto il
complesso; Bernini aveva voluto in un certo modo riprendere la forma delle
colonne della basilica costantiniana, in cui il tabernacolo aveva otto
colonne a spirale, riadattate dallo scultore alle logge delle reliquie
inserite nel quattro piloni della cupola, come si è già detto. Sulle facciate esterne dei quattro basamenti sono illustrate attraverso i volti di una donna. sette fasi di un parto. Nella
Cattedra di San Pietro eseguita dal Bernini tra il 1656 ed il 1666, è
conservato un antico seggio di legno sul quale, secondo la tradizione,
sedeva il Santo; sullo schienale a triangolo si legge la figura di un
imperatore, forse Carlo il Calvo, che donò la reliquia nell’875 a Papa
Giovanni VII o fors’anche Carlo Magno. Nella prima cappella (del Crocefisso), si ammira la bianca figura della Vergine con il Cristo morto tra le braccia: è la Pietà scolpita nel 1499 quando Michelangelo aveva 24 anni e destinata in un primo tempo alla chiesa di Santa Petronilla; essa è stata ricavata da un unico blocco di marmo ed è alta 1,74 metri. Il committente fu l’Ambasciatore francese Jean de Bilhéres e sarebbe dovuto essere posta nel Santuario dei re di Francia. E’ l’unica scultura su cui Michelangelo pose la sua firma che si legge sulla fascia della Vergine. E’ stata profanata nel 1972, anno in cui un folle la colpì con un martello staccando alcune dita della mano; dopo il restauro, per impedire che avvengano altri episodi, la scultura è stata protetta da una parete di cristallo. Bernini
progettò la cappella delle reliquie in cui è custodito un crocifisso del
‘300 oltre ad un monumento opera di Carlo Fontana per la regina Cristina
di Svezia che dopo essersi convertita al cattolicesimo abdicò al trono e
si trasferì a Roma dove morì a Palazzo Corsini nel 1689. Curiosamente la
regina viene descritta piuttosto brutta e baffuta, ma nel monumento a lei
dedicato appare molto bella e “fatale”, quasi come una diva. L’altare
della Cappella di San Sebastiano,
è sovrastato da un quadro del Domenichino che raffigura il Martire
Romano; i mosaici che la decorano sono di Pietro da Cortona. Ai lati
dell’altare sono poste le statue di Pio XI e Pio XII di Francesco
Messina. La statua di Matilde di Canossa è opera del Bernini. Rappresentazioni della Carità e della Giustizia sono accanto
a Innocenzo XII. Una
Grandiosa ed elegante cancellata chiude la cappella
del SS. Sacramento. Realizzata da
Francesco Borromini reca lo stemma di Urbano VIII. La rappresentazione
della SS. Trinità che ne orna la cupola è dovuta a Pietro da Cortona
(1628). Bernini realizzò Il ciborio; Camillo Rusticoni fu l’autore del
Gregorio XIII tra la raffigurazione della Religione e della Fortezza.
Posta di fronte a questo gruppo è la statua di Gregorio XIV. Michelangelo
progettò la Cappella per Gregorio XIII, detta appunto “Cappella Gregoriana”.
Sotto ad una della quattro cupole minori, conserva la “Madonna del Soccorso”. In essa sono custodite le spoglie di S. Gregorio Nazianzeno, il monumento di Gregorio XVI, oltre la raffigurazione di S. Basilio Magno. Pietro
Bracci realizzò la tomba di Benedetto XIV. La
capella della "Vergine della Colonna"
rivestita con mosaici e decorazioni (1629-1632) è stata realizzata
da G.B. Calandra su cartoni di G.F. Romanelli, Andrea Sacchi e Giovanni
Lanfranco. Dello stesso artista e la decorazione della cappella del
Crocefisso. Nella Cappella della Colonna dell'Algardi, è conservata la famosa pala marmorea raffigurante l'incontro tra San Leone ed Attila e le sepolture dei molti papi Leone, dal II°, al III°, al IV°, al XII°. La
Cappella Clementina dal nome del Papa Clemente
VIII Aldobrandini (1592-1605), ospita i resti di San Gregorio Magno e
dell'architetto Giacomo della Porta che completò la cappella iniziata da
Michelangelo. Andrea Sacchi è l’autore del
San Gregorio Magno e al danese Alberto Thorvaldsen si deve il monumento a
Pio VII (1823) unico artista non cattolico che abbia lavorato per San
Pietro, mentre la tomba di Pio VIII è opera di Pietro Tenerani (1857).
iniziata da Michelangelo, ma completata da Giacomo della Porta. È
abbellita da mosaici di Cristoforo Roncalli La
Cappella del Coro delimitata dalla cancellata del Borromini è un tripudio
di stucchi dorati.. Anche qui operò Giacomo della Porta che provvide ai
disegni eseguito poi da Giovanni Battista Ricci. In questa cappella vi fu
anche un intervento più recente di Carlo Maratta.
In questa cappella ogni domenica il coro della cappella Giuliana né
anima la Santa Messa. Carlo Fontana decorò la Cappella del Battesimo. Il Baciccia lavorò ai tre mosaici che nel 1709 venne ripresi e completati da Francesco Trevisani. I cartoni dipinti ad olio, sono conservati nella Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma. Il fonte battesimale in porfido forse era una parte del sarcofago dell’Imperatore Adriano.
Opera
da non perdere: La crociera nord è arricchita da innumerevoli opere, tra le quali un mosaico di San Venceslao e l’intervento di Gesù sul lago Tiberiade in soccorso degli Apostoli. Nell’abside è situata il monumento di Paolo III che G. della Porta eseguì sotto la guida di Michelangelo. Il monumento funebre di Alessandro VII è nel passaggio dal presbiterio al transetto sinistro ed è opera del Bernini. Quando Innocenzo XI divenne papa, ordinò all’artista di ricoprire con un panneggio di metallo la figura della Verità, scolpita nuda. Bernini ne fu fortemente addolorato poiché veniva depauperato il significato dell’opera originale. Un ricchissimo monumento funebre in fondo a San Pietro, a sinistra della tribuna, accoglie le spoglie di Alessandro VIII Ottoboni, conosciuto come papa nepotista poiché favorì spudoratamente i suoi parenti. Il sarcasmo dei romani non si fece attendere nemmeno in questa occasione perciò sotto il suo pontificato si disse che la Chiesa, piuttosto che sua sposa sarebbe stata sua nipote.
In fondo alla navata centrale è posta alla venerazione dei fedeli la statua bronzea di San Pietro; Egli è rappresentato seduto, appoggiato su di una gamba; la mano sinistra stringe le chiavi e la mano destra è sollevata quasi in un segno benedicente. L’opera non è stata ancora perfettamente datata. Alcuni ne fanno risalire l’origine tra il IV e VI secolo, altri ad un’epoca gotica attorno al XIII secolo. A sostegno della prima ipotesi vi sono fonti che attestano la presenza di una statua bronzea venerata fin dai primi secoli nell’oratorio di San Martino demolito nel 1457. Chi propende per il basso medioevo fa osservazioni inerenti lo stile; questa altra probabile datazione vorrebbe attribuire l’opera ad Arnolfo di Cambio od ai suoi allievi poiché alcuni particolari come i capelli, si ritrovano in opere dell’esimio scultore. Secondo una tradizione, la statua di San Pietro, sarebbe stata ricavata dalla fusione di una statua di Giove per odine del Papa San Leone I nel V secolo. Nel 1871 Pio IX fece porre sulla statua un medaglione per ricordare che prima di lui nessun papa raggiunse i 25 anni di pontificato, fuorché San Pietro; ma questo primato fu superato proprio da Pio IX che regno per 32 anni e dopo di lui anche Leone XIII ebbe un lunghissimo pontificato. A
sinistra della Navata, vi è Il sepolcro di Alessandro III ed un mosaico
che illustra la guarigione miracolosa di uno storpio per opera di San
Pietro. Vanvitelli lavorò sulla volta della crociera sud. Nella sacrestia realizzata da Carlo Marchionni non si può scordare d’ammirare il tabernacolo di Donatello.
Il
tesoro di San Pietro Davanti al transetto sinistro vi è l'imponente sagrestia quasi un edificio a se stante, formato dalla Sagrestia Comune a pianta ottagonale, dalla Sagrestia dei Canonici e dalla sala Capitolare; fu realizzata da Carlo Marchionni su commissione di Pio VI° nel 1776. Annesso alla Basilica c'è il Museo dove si trova il Tesoro di San Pietro, di Giovan Battista Giovenale. Nel tesoro di San Pietro sono conservati preziosissimi oggetti sacri, alcuni risalenti ad epoche antichissime, altri dono di Capi di Stato e personalità che hanno fatto o ricevuto la visita del Pontefice. Nelle sale del tesoro si può ammirare il bellissimo e maestoso monumento funebre di Sisto IV (1471-1484), realizzato da Antonio del Pollaiolo.
Le
Grotte Vaticane Sotto il Pilone di San Longino, vi è il passaggio che immette nelle grotte vaticane. La loro costruzione risale a San Gregorio Magno; la parte più antica era una cripta ricavata da una sopraelevazione del presbiterio e venne fatta per permettere ai fedeli di passare vicino alla tomba di San Pietro. La parte vecchia comprende tre grandi navate in cui sono visibili grandi pilastri di epoca costantiniana, oltre che reperti romani e medievali. La parte “moderna” è il risultato di un rifacimento del ‘500. Attraverso questo percorso si arriva alle spalle della “Memoria” costantiniana, ovvero nella Cappella di San Pietro; il luogo più prossimo alla tomba è invece la “Nicchia del Palli”. Nelle Grotte sono sepolti molti Papi e personalità regali quali Ottone II, Giacomo III Stuart, Cristina di Svezia e Carlotta di Savoia, oltre alle tombe di Bonifacio VIII, Pio XI, Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo I, morto solo dopo 33 giorni di pontificato. Le spoglie mortali del Beato Giovanni XXIII, il Papa Buono, poste nello Grotte dopo la sua morte, ora sono esposte alla venerazione dei fedeli in San Pietro sotto l’altare di San Girolamo dopo che la ricognizione alla sua salma rivelò il corpo incorrotto.
La necropoli Vaticana Sotto
la Basilica di San Pietro vennero effettuati degli scavi; essi rilevarono
la presenza di una vasta necropoli che pare fosse usata fin dal II secolo.
Papa
Pio XII nel 1939 ordinò scavi sistematici che durarono fino al 1950.
Ripresero poi nel 1953 e durano tuttora. Vi
si accede dalla porta delle Campane, a sinistra della basilica, e la
visita porta fino alla tomba di san Pietro presso il famoso “muro G”. Nel
procedere si attraversano le antiche fondamenta della prima basilica
costantiniana; quindi si percorre la via antica, posta proprio sotto la
navata centrale della Basilica. L’orientamento
dei mausolei e delle tombe è est-ovest e sono disposti su due file
parallele. La
parte più antica è la fila a settentrione ed in questi sepolcri sono
visibili sia urne cinerarie che sarcofagi per l’inumazione. I
mausolei sono ricchissimi di stucchi, pitture e mosaici, oltre che
occupati da sontuosi sarcofagi . Nel
mausoleo dei Giulii (fine II sec. Inizio III), detto anche del
“Cristo Sole”, simboli cristiani sono associati ad altri di chiara
origine pagana come il Cristo sulla volta che è rappresentato sul carro
trainato da cavalli bianchi come si usava rappresentare il Sole che
sorgeva ad illuminare il mondo. Nel
settore occidentale vi sono in prevalenza tombe cristiane; esse formano
come un piccolo spiazzo chiuso da sepolcri edificati tra il I e V secolo.
La piazza ed il colonnato La
basilica di San Pietro si affaccia in un grandissimo spazio chiuso in un
abbraccio dal gigantesco colonnato a formare due perfetti semicerchi,
progettato su commissione di Alessandro VII a Bernini. La Balaustra che
sovrasta le colonne è arricchita da 140 statue in travertino, opera degli
allievi del Bernini, raffiguranti Santi e fondatori di ordine religiosi
oltre a numerosi stemmi dei Chigi, Questa
immensa opera di Gianlorenzo Bernini ha forma ellittica e l’asse
principale ha una lunghezza di 240 metri. Il
colonnato che lo circonda è formato da un doppio portico disposto su
quattro ordini di colonne e tre gallerie di cui la centrale è stata
voluta di larghezza doppia per consentire il passaggio delle carrozze.
Consta di 284 colonne e 88 pilastri. La
pavimentazione della piazza risale al 1730 sotto il pontificato di
Benedetto XIII. Nel
1817 venne posta una meridiana voluta da Mons. Filippo Gilli. Al
centro della piazza nel 1586 Sisto V fece collocare un obelisco di 25
metri; pesa 312 tonnellate circa. L’obelisco venne da Eliopoli fu
tagliato da scalpellini romani e fatto portare a Roma da Caligola nel 37 e
sistemato nel circo di Nerone, in cui subì il martirio San Pietro.
Dapprima fu posto a sinistra della Basilica, ma Sisto V lo fece
spostare dove ancora oggi si trova. L’incarico fu affidato a Domenico
Fontana. Per il suo posizionamento occorsero quattro mesi; vennero usati
44 argani, 900 uomini e 140 cavalli. L’operazione fu così complessa che
il Papa ordino che il più piccolo rumore che avesse provocato
un’eventuale distrazione, fosse punita con la morte e per rendere ancora
più evidente la sua minaccia, fece erigere sulla piazza una forca. Papa
Sisto vi fece incidere iscrizioni sacre.
Curiosità
L’allineamento
delle colonne sulla piazza
Tra
le due fontane ed il centro della piazza, vi sono, incassati equidistanti,
due dischi in porfido, uno a destra e l'altro a sinistra. Sostandovi si
vedrà la prima fila delle colonne, mentre le altre rimangono nascoste,
questa colpo d’occhio è dovuto alla perfezione geometrica dell'aspetto
architettonico.
Il
grido del marinaio Durante
il lavoro di spostamento dell’obelisco, l’ordine al silenzio impartito
da Papa Sisto fu rotto da un marinaio quando le corde che reggevano la
stele, tese eccessivamente, si stavano per rompere. Domenico Bresca, un
marinaio di Bordighera che lavorava come operaio, urlo: “Aigua ae
corde!” (acqua alle corde), Immediatamente le corde vennero bagnate
cosicché i canapi si restrinsero ed il lavoro poté procedere. Sembra che
dapprima il marinaio, avendo contravvenuto l’ordine del papa, fosse
condannato a morte, ma poi, non solo venne perdonato, ma venne
“gratificato” lui ed i suoi discendenti, facendolo unico fornitore
delle palme pasquali al Palazzo apostolico. Ancor oggi questa tradizione
è conservata dai discendenti del coraggioso marinaio.
La
vendetta del Cardinale Aldobrandini. Il
Cardinale era nipote di Clemente VIII si era perdutamente innamorato della
cantante Anna Brocchi; pertanto ne perpetrò l’eliminazione di Girolamo
Longobardi, suo “rivale” in amore. La mattina del sabato santo, la
testa del malcapitato faceva brutta mostra di sé, conficcata su di una
picca nel centro di piazza San Pietro. Lo
zio Papa venne informato del misfatto posto in atto dal nipote,
dall’ambasciatore spagnolo che odiava il Cardinale. Come punizione,
Clemente VIII tolse al nipote tutte le cariche che ricopriva. L'indulgenza
plenaria Fra
l’obelisco e la base che lo sostiene ci sono agli angoli dei leoni con
una testa due corpi. Vi si può ancora vedere un ristretto pertugio in cui
i pellegrini tentavano di introdurvi la testa, poiché si credeva che chi
vi fosse riuscito, avrebbe acquistato l’indulgenza plenaria. Il
cortile della Pigna La pigna di Bronzo, da cui prende nome il cortile, decorava una fontana nelle terme di Agrippa. Nel Medioevo la pigna venne spostata all’ingresso della prima basilica di San Pietro. Ora è posta in una grande nicchia sopra una scalinata; la realizzazione è di Pirro Ligorio tra il 1562 ed il 1565. Il capitello su cui è posa rappresenta l’Incoronazione di un atleta vittorioso e proviene dalle Terme Neroniane-Alessandrine, del III sec. d.C.
Predazioni
e spogliazioni Da un documento d’archivio del 1593,si legge che per la costruzione della Basilica fu adoperato moltissimo materiale proveniente dagli scavi di Ostia.
Quel
che non fecero i barbari.... Urbano
VIII Barberini, commissionando il tabernacolo a Bernini, raccomandò di
non economizzare. Per
acquistare il materiale necessario, impose nuove gabelle e siccome il
bronzo non bastava ancora, ne fecero le spese anche i costolini nella
cupola della basilica stessa. Da
questa “raccolta” vennero ricavate 103.229 libbre del metallo; da
Venezia e Livorno ne venne portata un’altra grande quantità. Si
raggiunse il ragguardevole peso di 211.427 libbre, ma ancora non bastava.
Perciò il Papa senza alcun ripensamento ordinò che altro bronzo si
ricavasse spogliando le travi del pronao del Pantheon. Così
Pasquino, voce popolare dell’epoca, scrisse: ”Quod non fecerunt
barbari, fecerunt Barberini!” ovvero: ciò che non fecero i barbari,
fecero i Barberini. Alla
fine il bronzo raccolto, non solo bastò, ma con il rimanente vennero fusi
80 cannoni per Castel Sant’Angelo. Quasi
a compenso della depredazione, nel Pantheon vennero eretti due campanili
che i cittadini romani battezzarono “Le orecchie d’asino del Bernini”. Ormai
dei campanili non restano che le memorie storiche poiché vennero
abbattuti nel 1883.
Cristina
di Svezia La
regina Cristina, sepolta nelle Grotte Vaticane, morì con il viso
deturpato dalla risipola; perciò prima della sepoltura, le venne
applicata sul volto una maschera d’argento per preservarne l’aspetto
anche nella morte. La
divina commedia Nelle
Vecchie Grotte vaticane, nella navata destra, vi è il sarcofago con i
resti del papa Niccolò III Orsini, che Dante nella Divina Commedia
descrive nel girone dei Simoniaci conficcato in terra a testa in giù. Il
Sommo Poeta lo relegò in quel girone poiché aveva conferito quattro
cariche cardinalizie ad altrettanti membri della sua famiglia.
Urbano VIII e Gian Lorenzo Bernini
Papa Paolo V che aveva intuito il genio di Bernini, lo affidò giovanissimo a Maffeo Barberini e quando egli salì al soglio pontificio come Urbano VIII gli commissionò moltissime opere. Gianlorenzo per non dispiacere al suo protettore, lavorava giorno e notte senza concedersi alcun riposo. Il legame tra il Papa e Gianlorenzo è talmente forte che lo scultore ogni domenica pranzava con il Papa. I romani, sempre attenti e pronti alla satira coniarono il detto che: “Se Gialnolorenzo non gli rimbocca le coperta, il Papa non dorme”. Questo rapporto così stretto ed inconsueto dette origini a chiacchiere che il Papa provvide a tacciare imponendo a Bernini, ormai quarantenne di sposarsi; egli esegue puntualmente ma senza entusiasmo l’ordine, solo per compiacere Urbano VIII.
La
maledizione di Pietro Nel
1629 Urbano VIII affidò il compito di preparare le fondamenta per il
nuovo tabernacolo all’architetto Alemanni; questi trovò delle sepolture
che pensava fossero pagane, perciò non pose alcuna cura per la loro
conservazione. Mille
anni prima, Papa Gregorio Magno scriveva in una lettere che le spoglie
dell’Apostolo Pietro erano protette da una maledizione che avrebbe
colpito chiunque si fosse accostato senza il dovuto rispetto. Molti
operai che lavoravano allo scavo, cominciarono a morire. Di questi decessi
se ne ha notizia dall’inchiesta che venne fatta dalla Santa Sede e la «relazione
di quanto è occorso nel cavar i fondamenti per le quattro colonne di
bronzo eretta da Urbano VIII all’altare della Basilica di San
Pietro….” è conservata nell’Archivio Segreto Vaticano Solo
quando l’inchiesta fu terminata, poterono riprendere i lavori con la
dovuta venerazione.
Le
incoronazioni famose Nella basilica costantiniana, nell'800, Carlo Magno ricevette la corona da Leone III°, e dopo di lui vi furono incoronati imperatori Lotario, Ludovico II° e Federico III°. Usi
d'altri tempi Nel
XV secolo, nella solennità di Pentecoste dorante la messa solenne
venivano liberate trenta tortorelle e mostrato un gallo vivo per ricordare
le parole di Cristo a Pietro, che al canto del gallo l’apostolo
l’avrebbe rinnegato per tre volte. Durante
la processione di questa festività solenne e nel tempo di Pasqua, mentre
si recitava il Kyrie, si spargevano i fiori. Fino
a tempi non tanto remoti alla porta maggiore della Basilica si attaccava
sospeso una specie di grande pallone di foglie di bosso, ma purtroppo il
significato è sconosciuto. L’unica
spiegazione che si è trovata è nell’uso che ne facevano i pescatori:
essi usavano avvolgere il pesce appena pescato in queste foglie affinché
si conservasse fresco. I
confini del Vaticano Un
particolare poco conosciuto è che l’Aula Paolo VI, progettata
dall’architetto Nervi, è costruita a cavallo tra vaticano ed Italia. Il
confine tra i due stati è ad andamento zigzagante e passa proprio sotto
il palco dove il Papa parla ai pellegrini durante le udienze, mentre le
poltrone sono per la maggior parte in territorio italiano. Le
differenze della posizione di chi è nell’aula sono evidenziate nella
possibilità di perseguire eventuali reati che avvenissero nell’aula
Paolo VI, poiché se tale reato si compie nella parte compresa nel
territorio italiano, la competenza a giudicare è della magistratura
italiana; però, a dispetto di quanto detto, la Polizia Italiana, non può
averne l’accesso per eventuali indagini.
La linea tratteggiata Dietro la parte sinistra del colonnato del Bernini, è visibile una linea tratteggiata fatta di pietre più chiare della pavimentazione e segna un lato del museo Petriniano, una brutta costruzione da papa Pio XI ed inaugurato nel 1925 poi abbattuta sotto il pontificato di Paolo VI per consentire l'accesso all'aula Nervi. Tale Museo era costruito nell'area extraterritoriale denominata "del Sant'Uffizio",. Perciò venne tracciato sul pavimento della piazza in maniera visibile il confine che la polizia italiana non poteva oltrepassare. Ecco dunque la spiegazione della linea bianca ancora visibile sulla piazza.
Le
murate vive Giovanni Ruccellai nel suo scritto “Zibaldone Quaresimale” scrive che nell’anno santo del 1450 in San Pietro vi erano due donne murate vive a cui si porgeva il cibo attraverso uno stretto pertugio. Il motivo di tale supplizio non si conosce, ma in quei tempi l’Inquisizione pronunciò generosamente condanne di muratura a vita contro eretici e donne che avevano “attentato” alla vita dei loro mariti.
I
Canonici del Capitolo di san Pietro La costituzione di Innocenzo III faceva obbligo ai canonici del Capitolo di San Pietro di praticare il salasso sei volte l’anno; questa pratica aveva lo scopo di aiutarli ad osservare con minor sacrificio la continenza. Essi inoltre portarono la parrucca fino a quando Pio VII ne 1801 ne vietò l’uso.
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