Siamo
sul Palatino, nella zona più sacra alla Roma delle origini e questa è una
reggia del primo imperatore di Roma Ottaviano
Augusto. Dell'uomo che con Cesare
è per la gente la figura emblematica dell'impero romano, al quale è legato il
"periodo d'oro" della civiltà romana.
All'inizio era la "Casa di Augusto" non ancora imperatore cioè prima
del 16 gennaio del 27 avanti Cristo. Poi, alla fine, comprando e ristrutturando
le abitazioni circostanti più o meno importanti compreso il tempio di Apollo
Aziaco, la "casa" sarebbe diventata di 12 mila metri quadri, su più
livelli. Dimora per le funzioni private e palazzo imperiale per le funzioni
civili, politiche e religiose dato che Augusto
era guida e autorità in tutti i settori, con tutti i poteri e le cariche a
vita, compresa quella di Pontefice Massimo. Eppure anche il potere e la gloria
di Augusto
passeranno (morì nel 14 dopo Cristo, a 77 anni) e gli archeologi troveranno
parte della casa demolita da Domiziano
per costruire il suo palazzo.
La "Casa di Augusto", una concentrazione di storia e di interesse
archeologico alla quale pochi monumenti del Palatino possono essere paragonati,
ma per il pubblico ha un valore aggiunto incommensurabile. Una decorazione
pittorica (e di stucchi) all'altezza del personaggio, cioè di qualità
altissima. Affreschi considerati il "maggior complesso" della pittura
di stile pompeiano (il metro stilistico usato per valutare la pittura romana),
della fine del I secolo avanti Cristo.
Non frammenti, piccole porzioni, ma pareti e volte intere, interi ambienti.
Alcuni affreschi ritrovati miracolosamente sui muri sui quali erano stati
dipinti, gli altri in pezzi consistenti o in migliaia di frammenti, a volte
minuscoli, mescolati alla terra, che sono stati ricomposti, restaurati, rimessi
su pannelli al loro antico posto.
Ora, dal 10 marzo 2008, la "Casa di Augusto" viene finalmente aperta
al pubblico, ai visitatori del Palatino. Regolarmente, anche se parzialmente e
con cinque visitatori alla volta ammessi negli ambienti affrescati. Un limite
che tiene sotto controllo le variazioni di temperature e umidità (per la
conservazione dei dipinti), e per ragioni di sicurezza generale in ambienti di
dimensioni ridotte.
Una apertura dopo tanto tempo. Gli ambienti visitabili sono stati scoperti con
gli scavi di Gianfilippo Carettoni alla fine degli anni Settanta del Novecento.
Alla scoperta sono seguiti anni di studi per essere certi che fosse la
"Casa di Augusto", di altri scavi, irregolari per i finanziamenti a
singhiozzo, di fondamentali lavori sul terreno, le strutture e i muri (quelli più
importanti, che non si vedono), di ripristino delle coperture di alcuni degli
ambienti per poter applicare gli affreschi ricomposti, di restauri. Una apertura
che è un avvenimento di valore mondiale per l'archeologia.
Per tagliare questo traguardo, nei due ultimi anni la soprintendenza speciale
per i beni archeologici di Roma diretta da Angelo Bottini, ha concentrato un
milione 540 mila euro in particolare attorno al peristilio (il giardino
porticato a colonne) della prima fase della "Casa" di Augusto
non imperatore. Su due lati del peristilio si aprono i locali più
rappresentativi dell'abitazione. Il nucleo è situato sul pendio del Palatino
lato Velabro, nel tratto adiacente al tempio di Apollo Palatino eretto da Augusto,
tra le "scale di Caco" e le biblioteche di Domiziano. Le
"scale" salgono dalla base un tempo paludosa del colle, di lato alla
mitica-non più tanto mitica grotta del fauno Luperco (il Lupercale) dove Romolo
e Remo sarebbero stati assistiti e allevati con quello che ne è seguito. Caco
era un gigante e bandito che fu ucciso da Ercole al quale aveva rubato le
mandrie, premio alle fatiche.
Augusto
avrebbe insomma organizzato la propria abitazione quasi in collegamento
verticale con il luogo che più di tutti evocava la nascita di Roma.
L'individuazione di quello che molti indicano come il Lupercale (per ora
esplorato solo con sonde) è certamente rafforzata dalla stretta connessione
fisica con la "Casa di Augusto" .
Con un percorso attraverso il peristilio si visita il settore che eccelle per
l'"altissima qualità" degli affreschi. Il cosiddetto, raffinato
"studiolo di Augusto" espressione del suo utilizzatore, dalla volta
decorata di stucchi, un "cubicolo" in posizione superiore al quale si
accede attraverso una terrazza; il "cubicolo inferiore"; il grande
"oecus", l'ambiente di soggiorno e di ricevimento; i due locali
denominati "della rampa" e "dell'antirampa". Gli ambienti
sono collegati fra loro, ma senza finestre: la luce naturale veniva solo dalla
porta con un affaccio su di un grande giardino.
Questa parte della casa fu trasformata da Augusto
in una piattaforma-fondamenta cioè riempita di materiali di risulta quando
decise di allargare la dimora. Un'operazione come quella che ci ha regalato la Domus
Aurea di Nerone
sul Colle Oppio, trasformata in fondamenta delle terme
di Traiano, e ora gli ambienti affrescati di Augusto
sul Palatino.
Con la pittura di II stile si passa da una parete raffigurata chiusa e piatta ad
una raffigurazione di architetture dipinte prospetticamente su vari piani:
zoccolo, podio "che sembra invadere la stanza" con colonnati,
architravi e soffitti "che appaiono continuare oltre la parete" e
questa conquista una profondità spaziale, con grandi squarci e finestre che
mostrano santuari, paesaggi in lontananza. Anche personaggi in dimensioni quasi
al naturale.
Nello "studiolo" rimanevano sulla parete frontale circa due terzi
dell'affresco, sulla volta un'ampia porzione di pittura e stucchi. Tutto il
resto della decorazione di pareti e volta era ridotto in frammenti e si era
mescolato con i frammenti del "cubicolo inferiore" che per fortuna
conservava la quasi totalità della decorazione sulle pareti. Nell'ambiente di
soggiorno e ricevimento si sono ritrovati i frammenti degli affreschi della
parte superiore delle pareti dell'antisala crollate per i lavori del Palazzo di Domiziano.
Tutto il resto della decorazione molto deteriorato, è stato consolidato e
reintegrato per poter essere presentato.
Quel che si vede è già straordinario, a volte ubriacante, nella girandola dei
colori accesi, rosso, ocra giallo dei pannelli rettangolari, della fantasia
delle fasce nere della decorazione architettonica, nelle meraviglie della
tridimensionalità degli sfondi. Nello "studiolo" la volta a botte con
stucchi in mattonelle esagonali e riquadrati dipinti con amorini e motivi
floreali. Alle pareti su più piani di profondità, pannelli con paesaggi e
scene di culto. Colonne che "scavalcano" cornici, terminano in vetta
con candelieri a forma di fiore ed hanno la base che ugualmente "si
sfoglia". Come un vaso decorato con foglie di carciofo. E su una cornice un
uccellino sta becchettando. Mentre su altre cornici si inseguono figurine
fantastiche, femminili alate, grifi. E all'improvviso spunta una testa di
satiro.
Nel grande "oecus" predomina il rosso cupo. Su due pareti a fronte è
ripetuta la facciata di un tempio a quattro colonne su di un podio giallo ocra.
Fra due colonne una maschera. In una scena una gran dama con manto, diadema e
collana. Nell'ambiente "della rampa" volta a cassettonato monocromo
accanto a lacunari policromi, con losanghe in rettangoli e quadrati. Nella
fascia superiore una veduta fra sfondi di colonne e trabeazioni. Nel
"cubicolo inferiore" sono dipinti due palcoscenici su pannelli rossi
fra alte colonne corinzie. Uno ha la scena centrale e immaginarie aperture
laterali. L'altro è prolungato in una scena di vita in una città, con un
fregio popolato da esseri marini. Basta. Fermate le onde.
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