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Villa Celimontana
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Piazza della Navicella
M Colosseo
BUS 15 118 673
Sul colle " Celio " che prende il nome da un Etrusco " Celio Vibenna " il quale combattè per la fama di Roma, è situata una delle ville forse più belle della città, densa di richiami storici e abbellita con piante pregiate. Ogni suo angolo è un ricettacolo di tesori. Proprio a fianco del portale d'ingresso c'è la bellissima " S.Maria in Domnica alla Navicella " e di fronte ad essa la particolare e famosa fontana della Navicella . La storia della villa ha inizio nel 1553 anno in cui Giacomo Mattei acquistò una vigna situata tra il Vicus Scauro e S.Maria in Domnica alla Navicella. Fu poi Ciriaco Mattei discendente del proprietario originario che alla fine del '500 trasformò la vigna in un giardino che ancora oggi mantiene uno splendore fuori dal comune. Sia per l'aspetto estetico, veramente notevole, sia per l'aspetto culturale, la Villa venne ornata con statue e opere di arte classica. Compresa tra le rovine del Palatino, dell'acquedotto di Claudio e Nerone e le Terme di Caracalla, la villa sorge sul colle anticamente chiamato Querquetulanum perchè ricoperto da un fitto bosco di lecci. Il suo proprietario faticò non poco a trasformare questo luogo ancora selvaggio in un curatissimo giardino al centro del quale fece edificare il casino sede di una splendida collezione di antichi bronzi e sculture, tanto che già a quei tempi la Villa era meta di sosta e visita da parte di numerosi forestieri e di molti personaggi della buona società del tempo. L'architetto Giacomo del Duca fu chiamato a compiere l'opera: egli adattò i principii del giardino manierista alla naturale disomogeneità del terreno con particolare grazia e eleganza, e ornò la villa con statue e antichi reperti marmorei, molti dei quali sono visibili ancora oggi. In particolare a sinistra del vialetto d'ingresso nei pressi di un boschetto di lecci e pini è visibile un antico obelisco certamente uno dei pezzi più pregevoli della villa. Superato il magnifico portone proveniente dall'antica Villa Giustini Massimo quì rimontato nel 1650, ci si avvia attraverso un breve corridoio sul piazzale nel quale si staglia quella che fù l'antica Villa, oggi sede della Società Geografica Italiana la cui biblioteca può vantare numerosi testi di geografia e di esplorazione tra i più importanti in Italia. Fra i suoi membri ci fu anche Giorgio Tucci grande archeologo orientalista, fondatore tra l'altro del prestigioso ISMEO (Istituto per il Medio e Estremo Oriente) che ha sede a palazzo Brancaccio nei pressi di S. Maria Maggiore. I successori di Ciriaco Mattei ampliarono e trasformarono il giardino in un complesso ordito di viali, lo spazio fu suddiviso e delimitato da aiuole geometriche dando così luogo ai giardini segreti nascosti tra alte siepi in una sorta di labirinti con apparizioni improvvise di statue e fontane secondo il gusto scenografico barocco. La villa fu inclusa nel famoso pellegrinaggio delle Sette Chiese. Secondo la tradizione il giovedì grasso i romani osservanti rinunciavano ai passatempi profani per fare voto di penitenza e andare in processione lungo l'itinerario che univa le sette Basiliche più importanti della città ossia: S.Pietro, S. Paolo, S. Sebastiano, S. Giovanni in Laterano, S. Croce in Gerusalemme, S.Lorenzo al Verano, S. Maria Maggiore, partendo dalla Chiesa Nuova a corso Vittorio e lì facendo ritorno alla fine del percorso. A metà strada circa tra S. Sebastiano e S. Giovanni in Laterano, era uso sostare alla Villa dei Mattei e quì trovare accoglienza e essere rifocillati. Lo stesso Goethe che probabilmente partecipò a uno o più pellegrinaggi, ricorda in un suo scritto il menu di uno di questi convivii e gli straordinari concerti che si tenevano in tali occasioni, nei giardini della villa. In seguito però la famiglia Mattei dovette cedere la villa a seguito di alcune difficoltà economiche e così questa passò prima a Clemente XIII, poi all'arciduchessa Maria Anna d'Austria poi a un ministro di Carlo IV di Spagna, il Principe Godoy il quale diede nuovo splendore alla villa dandole un nuovo aspetto. Il giardino fu profondamente modificato dal l'originale e trasformato sulla spinta del gusto naturalistico, in un giardino all'inglese. Gli scavi ordinati dal Godoy portarono alla luce dei manufatti marmorei dell'epoca di Caracalla e venne fatto spostare l'obelisco nella posizione attuale, ossia in fondo al boschetto posto a sinistra dell'ingresso. Proprio in seguito allo spostamento dell'obelisco, sulla villa da sempre circondata da un aura di mistero circolò una leggenda: lo spirito di un operaio morto durante i lavori di spostamento si aggirerebbe per la villa senza pace. La villa nel 1851 divenne di proprietà della principessa d'Olanda Marianna D'Orange, figlia di Guglielmo I. Innamorata di Roma, ella risiedette per cinque anni nella villa e raccolse una bellissima collezione di bronzi e marmi che purtroppo portò con se al termine della suo soggiorno romano. L'ultimo proprietario fu un barone bavarese. Dopo la I Guerra Mondiale la villa divenne proprietà dello Stato Italiano e nel 1926 passò finalmente al Comune di Roma che ne fece un parco pubblico e qui ubicò la Società Geografica Italiana. Oggi la villa è uno dei parchi più frequentati della città e oltre alla sua bellezza offre una delle più ampie e meglio attrezzate aree giochi per bambini circondata da una minipista ciclabile. |