E' uno dei ponti più antichi che, pur trovandosi a quasi tre miglia dalla porta Flaminia, non solo viene considerato ponte di Roma, ma gli si attribuisce anche una notevole importanza in quanto un tempo aveva il ruolo di sbarrare la
principale via che permetteva di accedere verso Roma, tanto dal nord quanto dall'est. La costruzione del ponte si fa risalire al 109 a.C. per opera del censore M. Emilio
Scauro. In quel periodo la via Flaminia aveva la sua pavimentazione. Risulta però che antecedentemente esisteva un probabile ponte di legno,
perchè Livio ci tramanda che nel 207 a.C. dopo la battaglia in cui Asdrubale rimase sconfitto ed ucciso sulle sponde del Metauro, si seppe subito che i messaggeri dei due consoli, C. Claudio Nerone e M. Livio
Salinatore, stavano per raggiungere Roma. Fu allora una corsa sfrenata della popolazione romana fino
al ponte "Mulvius". Tutti volevano ascoltare la buona nuova con le proprie orecchie. Annibale finalmente veniva costretto a lasciare la penisola. In quanto al nome del ponte qualcuno asserisce che potrebbe derivare dal primo costruttore appartenente alla gens Mulvia, ma è tutto da
provare. Dal 120 d.C. il ponte, forse per la sua elasticità, venne chiamato "Mollo" e a questo nome tennero dietro nel Medioevo "Molbio" e "Mole", mentre un'antica carta geografica (Tavola
Peutingeriana), lo definiva "pons Julii". Poi venne la volta del nome
"Milvius" che si credette direttamente derivato da "Aemilius", il fondatore del primitivo ponte realizzato in muratura e pietre.
Nell'anno 675 di Roma, morto Silla, i luogotenenti del dittatore, Lutazio Catulo e Gneo Pompeo, occuparono il ponte per bloccare Lepido che voleva rescissi gli atti di Silla. Nel 63 a.C. al tempo della
congiura di Catilina, i messi degli Allobrogi, implicati nella stessa congiura, tentarono di passare il ponte di notte, ma, superatane la metà furono arrestati per ordine di Cicerone. Nella lotta per il potere tra Otone e Vitellio, il ponte fu oggetto nel 69 d.C. di nuove contese aspre e pericolose. Ma la storia del ponte si fa straordinariamente importante nel 312 d.C. quando nella celeberrima battaglia tra Massenzio e Costantino in località
Saxa Rubra, il primo, in ritirata, non potè andare oltre il ponte, in quanto lo trovò interrotto. Al fuggiasco allora non rimase che gettarsi nel fiume, dove trovò la morte per annegamento.
Durante la guerra gotica del 536 il ponte ebbe un ruolo di prestigio, in qualità di valida difesa della città. Infatti a Vitige, che aveva tentato di distruggerlo, non rimase altro che imboccare la
strada della fuga. Il primo restauro del ponte Milvio ebbe luogo nel 1149 per opera del comune di Roma. Ad esso fece seguito quello del 1336 resosi necessario per i danni provocati dagli Orsini. Martino V nel 1429 intervenne assegnando i lavori
di restauro a Francesco da Genazzano. Tre anni dopo, nel 1432, Eugenio IV dette incarico a Giovanni di Val Rubiano di effettuare lavori di una certa entità per modificare il ponte, la dove fosse inevitabile, onde renderlo oltremodo sicuro per un
avvenimento più unico che raro: il passaggio del fastoso corteo che accompagnava Sigismondo di Lussemburgo, re di Germania, Boemia e Ungheria, a Roma per l'incoronazione. Nell'anno santo del 1450 Niccolò V dette il via a una serie di nuovi
restauri, proseguiti poi fino al 1457 da Callisto III, grazie al quale poterono concludersi i lavori del torrione di guardia, sostituto di un fortino in legno risalente al medioevo e detto "Tripizone". D'ora in poi i lavori non saranno
più interrotti, soprattutto dopo i danni subiti nel 1495, regnante Sisto V, per una piena di notevole portata. Arriviamo così al 1805, quando il ponte fu riparato, dopo un'ulteriore intemperanza del Tevere, per onorare papa Pio VII, ritornato a Roma da Parigi, dopo l'incoronazione di Napoleone. Il restauro fu affidato a Giuseppe Valadier che tolse i due ponti levatoi in legno, esistenti fin dal VI secolo d.C. per frenare le invasioni di Roma, e li sostituì con degli
archi in muratura. Anche all'ingresso del torrione venne data la forma di arco per ricordare quello che precedentemente, per onorare Augusto, fu eretto sul ponte. Ma le sciagure non erano ancora esaurite. Nel 1849 i garibaldini, allo scopo di ritardare
l'entrata verso Roma delle truppe francesi, distrussero una parte dell'arco e la pavimentazione del ponte. Il fatto è ricordato da una lapide murata dentro il torrione: "il 3 maggio / un manipolo di combattenti viterbesi e romani / per ordine di Giuseppe Garibaldi minava questo ponte / il ten. Conte
Pacifico Caprini diede fuoco alla miccia / ritardando a Roma l'offesa dell'occupazione straniera / auspice la federazione Naz. Volontari Garibaldini 17 maggio 1931 - IX".
Le riparazioni furono subito eseguite dall'architetto Francesco Azzurri per incarico del governo pontificio. Successivamente furono necessari interventi che si conclusero nel 1871.
Ai lati della testata nord del ponte dal 1825 al 1956 erano presenti due statue di Francesco Mochi raffiguranti il Battista nell'atto di battezzare Gesù. Oggi le due sculture si trovano nel Museo
di Roma di palazzo Braschi. Ai lati dell'altra testata si trovano le statue marmoree dell'Immacolata e di S. Giovanni Nepomuceno, protettore dai pericoli di annegamento, scolpite rispettivamente da Domenico Piggiani, dopo il 1840, e da Agostino Cornacchini, nel 1731.
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