CLAUDIO
Descritto come malaticcio e incerto sulle gambe, balbuziente, per tutta la vita torturato da dolori allo stomaco così forti da farlo più volte pensare al suicidio, con uno sgradevole sorriso e la bocca che schiuma bava quando è preso da un eccesso d'ira, Claudio è una figura singolare e probabilmente a torto ricordato dalla maggior parte delle fonti come assolutamente inetto e stolto. Nasce a Lugdunum (Lione) il primo di agosto del 10 a.C., terzo figlio di Nerone Druso, il fratello di Tiberio, e Antonia Minore, sorella di Augusto. Ritenuto mentalmente ritardato fin da piccolo, non gode nemmeno della considerazione dei suoi più stretti familiari, tanto che la madre si riferisce spesso a lui come a "una caricatura d'uomo che la natura ha dimenticato di portare a termine" e ne fa la pietra di paragone della stupidità, mentre Augusto si limita a definirlo misellus (poverino). Costantemente escluso dalla vita politica - Augusto gli concede solamente una simbolica carica sacerdotale e quasi lo dimentica anche nel suo testamento relegandolo fra gli eredi di terzo grado - ottiene solo nel 37 d.C. dall'imperatore Gaio (detto Caligola e figlio di Germanico, fratello di Claudio) di essere suo collega di consolato per soli due mesi. Ma anche questa carica gli è conferita giusto per salvare le apparenze. Nonostante trascorra buona parte della sua vita all'ombra dei suoi altolocati parenti, Claudio diviene fortunosamente (è il caso di dirlo) imperatore all'età di cinquant'anni suonati, immediatamente dopo la congiura nella quale Caligola viene ucciso. Volendo leggere in questo un segno benevolo della fortuna (se di fortuna si tratta), le fonti ricordano che già egli aveva avuto segnali di predestinazione durante il suo primo ingresso al Foro avvenuto parecchi anni prima. Si narra infatti che in quell'occasione un'aquila fosse volata proprio sopra Claudio, finendo poi per posarsi sulla sua spalla destra.
La
vicenda che vede Claudio divenire imperatore assume quasi i toni del ridicolo.
Si racconta che, con il cadavere di Caligola ancora
caldo e il palazzo imperiale invaso dai pretoriani in armi, Claudio,
terrorizzato, si sia nascosto dietro una pesante tenda sperando di passare
inosservato. Un soldato, attraversando la stanza, vede però i piedi del futuro
imperatore spuntare dal drappo. Riconosciutolo, insieme agli altri commilitoni
accorsi, lo solleva di peso portandolo all'accampamento militare. Qui Claudio
trascorre l'intera notte in preda al panico, certo che gli verrà riservata la
stessa fine del nipote appena assassinato. Invece, mentre il Senato si interroga
sulla opportunità di restaurare la repubblica e il popolo, che guarda a Claudio
con simpatia, minaccia tumulti invocandolo come unico possibile imperatore, i
pretoriani gli giurano fedeltà decretando definitivamente la sua nomina
nonostante egli non possa certo vantare lo stesso glorioso passato militare del
fratello Germanico, morto nel 19 d.C. e idolatrato dalle truppe.
Claudio, ancora incredulo per lo scampato pericolo e felice per l'insperata
considerazione, dispone immediatamente una donazione di quindicimila sesterzi a
ciascun soldato, risultando così il primo imperatore (ma non l'ultimo) disposto
a pagare la fedeltà dei pretoriani.
Esagerato e morigerato al tempo stesso, modesto e iracondo, imprevedibile e ovvio ai limiti della stupidità, Claudio è forse la personificazione della contraddizione. Rifiuta di essere chiamato imperatore e rifugge da qualsiasi ostentazione di potere. Onora i famigliari morti come primo atto del suo imperio, conferisce onori divini alla nonna Livia, proibisce qualsiasi festeggiamento nel giorno della sua elezione in quanto anche giorno della morte del nipote Caligola, proclama un atto di amnistia per tutti quelli che, prima del suo avvento al potere, hanno invocato la restaurazione della repubblica. Contemporaneamente, però, fa giustiziare alcuni di coloro che hanno congiurato contro Caligola, pur facendo annullare di tutti gli atti del suo predecessore.
Di
solito mite, si lascia trascinare da eccessi d'ira e da palesi crudeltà e prova
un perverso piacere di fronte ai patimenti di coloro che vengono sottoposti a
tortura, attardandosi ad osservare le smorfie di dolore sul volto dei
condannati. Ama visceralmente i combattimenti al circo e spesso costringe anche
gente comune a combattere nell'arena. Si pone però con modestia nei confronti
del senato e dei magistrati e assiste come un normale spettatore ai giochi che
questi ultimi offrono al popolo, tributando loro un rispettoso saluto come un
cittadino qualsiasi.
Si occupa dell'amministrazione della giustizia con estremo impegno, non diserta
i suoi doveri nemmeno durante le feste comandate, revisiona varie disposizioni
di legge che ritiene inique, cercando di inasprirle o di renderle maggiormente
tolleranti a seconda dei casi. Tuttavia, nonostante il suo fervente impegno teso
ad una migliore amministrazione della giustizia, le fonti riportano velenosi
aneddoti su sentenze quanto mai bizzarre e dettate dall'umore del momento.
"Sono d'accordo con chi ha ragione" lo si sente decretare
durante un processo, sotto lo sguardo allibito di giudici e magistrati che ben
presto non lo tengono in nessuna considerazione.
E
ancora, arriva a promulgare sentenze a favore di una delle parti contendenti
semplicemente perché quella avversa non si è presentata al processo; abbandona
precipitosamente un'udienza nel Foro di Augusto
per correre a sedersi a tavola quando improvvisamente giungono alle sue narici i
profumi invitanti di un banchetto nel tempio di Marte; si addormenta durante i
processi russando rumorosamente a causa dell'insonnia che tormenta le sue notti.
Non è da escludersi però che tanti e tali eccessi riportati dalle fonti siano
stati ad arte ingigantiti da un senato in parte spodestato dall'imperatore nella
competenza sui casi di tradimento e quindi fortemente irritato nei confronti di
Claudio. La perseveranza dell'imperatore nell'adempimento dei propri doveri
diviene proverbiale tanto che le monete coniate sotto il suo impero ricordano la
"constantia augusti".
Evidentemente consapevole dei suoi limiti, Claudio arriva addirittura a tentare
di giustificare le sue stranezze dicendo di aver sempre simulato un
comportamento ai confini dell'idiozia per scampare alla congiura contro Caligola.
Nessuno, ovviamente, gli crede e comincia a circolare un irriverente libello dal
titolo "La congiura degli stolti". Nel 42 d.C. il governatore
dell'alta Illiria, Marco Furio Camillo Scriboniano, sobilla un tentativo di
ribellione, soffocato però sul nascere. La cosa spaventa tanto Claudio da
portarlo a vivere in continua apprensione e lo induce a inasprire le misure di
sicurezza nei confronti della sua persona con tale rigore da farlo uscire
indenne da almeno sei complotti orditi contro di lui.
Quanto
alle azioni militari, che pure non mancano, Claudio non vi partecipa mai
direttamente. E' presente solo durante la conquista di Camolodunum, l'odierna
Colchester, allora capitale del territorio dei Belgi nella bassa Inghilterra. La
campagna di Britannia è infatti vittoriosamente condotta da Aulo Plauzio che
annette definitivamente l'Inghilterra meridionale e centrale all'Impero, impresa
fallita sotto Caligola.
Nello stesso periodo, Claudio annette all'impero anche due provincie della
Tracia, che diventano così provincia romana a tutti gli effetti e preziosa
fonte di reclutamento di truppe.
Relativamente
alle truppe ausiliarie, Claudio dà particolare enfasi alla concessione della
cittadinanza a coloro che hanno prestato servizio nell'esercito per almeno
venticinque anni, allargando tale diritto anche ai loro figli e alle mogli, e
continuando nella elargizione dei cosiddetti "diplomi" di bronzo già
introdotti dai suoi predecessori.
Questo non è certo in contrasto con la visione che Claudio ha dell'Impero.
Dimostrando una visione politica straordinariamente moderna, egli infatti tende
a ritenere la composizione multietnica dei territori annessi una possibilità di
progresso piuttosto che un elemento disgregante. Pur rimanendo convinto della
superiorità dei cittadini romani nei confronti dei provinciali, Claudio
caldeggia la presenza in senato anche di membri provenienti dalle provincie non
ancora "romanizzate".
"Voi mi domandate se un senatore italico non sia migliore di uno provinciale….omissis…Io rispondo che i provinciali non debbono essere esclusi, se essi conferiscono distinzione al senato", lo odono pronunciare i senatori durante un discorso. L'atteggiamento di Claudio nei confronti dei dissidi tra le diverse popolazioni conquistate può poi desumersi dalle parole che egli stesso indirizza ai Greci e ai Giudei di Alessandria, avversari in un annoso e sanguinoso conflitto: "…Non era mia intenzione fare una severa inchiesta, anche se in me nascondo un senso di immutabile indignazione contro la parte, qualunque essa sia, che rinnova il conflitto; e vi dico una volta per sempre che se non mettete fine a questa ostinata e rovinosa ostilità reciproca, sarò costretto a mostrarvi che cosa può fare un "princeps", anche se inizialmente ben disposto, quando sia sconvolto da una giusta indignazione."
Come già ricordato, l'impegno con il quale Claudio si adopera durante tutto il suo "mandato" è indubbio. Non potendo fare tutto da solo, cerca la collaborazione di personaggi, soprattutto liberti, come Polibio (ministro a studiis, che conferisce le cariche in nome dell'imperatore), Callisto (ministro a libellis, che vaglia le petizioni provenienti da tutto l'impero) e, soprattutto, Narciso (ministro ab epistulis, che sbriga tutta la corrispondenza di Claudio, conoscendone perciò ogni segreto), tutti potentissimi e ricchi oltre misura, anche più dello stesso imperatore che non brilla certo per una oculata amministrazione dei suoi beni personali. Affilate lingue di corte infatti, affermano che se "si fosse preso come soci i suoi liberti le sue casse avrebbero rigurgitato denaro". Claudio si occupa anche con particolare interesse del miglioramento delle opere pubbliche, in particolare degli acquedotti, terminando le grandiose costruzioni del- l'Aqua Claudia e dell'Anio Novus.
Nella
vita coniugale, Claudio non è certo assistito dalla fortuna. Sposa in prime
nozze Plauzia Urgulanilla dopo due fidanzamenti finiti malamente, il primo perché
la famiglia della sua promessa sposa offende pubblicamente Augusto,
il secondo perché la sua fidanzata, Livia Medullina, muore proprio il giorno
delle nozze. Dopo il divorzio da Plauzia, Claudio sposa Elia Petina dalla quale
ben presto si separa per la condotta indegna e scandalosa della donna, finendo
per impalmare nel 39 d.C. ( al peggio non c'è mai fine) la quattordicenne e
bellissima Messalina, rimasta famosa nei secoli come "meretrix
augusta".
Svetonio, Tacito e Dione Cassio descrivono Messalina come afflitta da tre vizi
capitali, libido, saevitia, avaritia (lussuria, crudeltà e avidità) e di lei
Giovenale racconta con satira feroce che, non appena Claudio si addormentava,
travestita da donna comune e con una parrucca bionda in testa per nascondere i
lunghi capelli corvini, si recava accompagnata solo da una ancella in uno dei più
malfamati postriboli della città per trascorrervi l'intera notte offrendosi a
chiunque, dietro pagamento di una manciata di monete, pur di appagare
l'insaziabile lussuria.
Claudio manderà a morte Messalina dopo un tentativo di colpo di stato ordito
dalla donna e da Gaio Silio, uno dei suoi amanti, con l'intenzione di porre sul
trono Britannico, il figlio di appena sette anni dell'imperatore e della stessa
Messalina. La congiura, perpetrata durante un viaggio di Claudio a Ostia, viene
sventata dal liberto Narciso. Raccontano le fonti che Claudio, disgustato dalle
sue esperienze matrimoniali, avrebbe poi dichiarato di fronte ai suoi
pretoriani: "Rimarrò celibe per sempre. Vi autorizzo a mandarmi a
morte nel caso cambiassi idea."
L'imperatore, comunque, non rimane fedele ai suoi propositi e nel 49 d.C. convola a giuste nozze con Agrippina Minore, alla quale è legato da un profondo affetto. Agrippina è figlia di suo fratello Germanico e, pur di sposarla, Claudio ottiene persino dal senato la modifica della legge che impediva matrimoni tra consanguinei.
Sarebbe stato sicuramente meglio che Claudio evitasse il suo quarto matrimonio perché, se anche i pretoriani non lo puniscono come da lui invocato, è la stessa Agrippina a provvedere. L'imperatore muore infatti nell'ottobre del 54 d.C., all'età di sessantaquattro anni, dopo aver mangiato dei funghi avvelenati. La prima indiziata della sua fine è sicuramente Agrippina, preoccupata che la freddezza mostrata negli ultimi tempi dall'imperatore nei suoi riguardi possa compromettere l'eredità al trono di Nerone, suo figlio di primo letto. Agrippina, infatti, trama da sempre nell'intento di scalzare il figlio di Claudio, Britannico, dalla possibilità di successione e ha già indotto l'imperatore ad adottare Nerone dopo il matrimonio di quest'ultimo con Ottavia, la sorella di Britannico.
I
funerali di Claudio vengono celebrati in modo solenne e viene decretata la sua
"apoteosi", cerimonia nella quale il corpo dell'imperatore viene
bruciato su una pira dalla quale, al momento dell'accensione, viene fatta volare
via un'aquila a simboleggiare l'ascesa dell'anima al cielo. Dopo pochi anni, però,
con Nerone imperatore, cominciano a diffondersi su Claudio impietose dicerie e
della sua figura si fa una penosa parodia. Lucio Amneo Seneca - che Claudio ha
mandato in esilio per "intercessione" di Messalina durante lo scandalo
che vede coinvolto il filosofo e Giulia Livilla, la figlia minore di Germanico -
scrive contro il defunto imperatore la dissacrante opera "'Apococyntosis
Divi Claudii" (la trasformazione in zucca del Divo Claudio!).
Nonostante le stravaganze e i comportamenti palesemente ottusi raccontati dai
suoi contemporanei, Claudio è comunque un uomo di profonda cultura grazie alla
quale sa mostrare momenti di straordinaria apertura mentale Plinio il Vecchio lo
annovera tra i cento scrittori più colti del suo tempo e Livio, durante la
gioventù di Claudio, si dichiara sicuro che egli avrà un luminoso futuro come
storico.
Claudio compone numerose opere letterarie tra le quali una storia etrusca in
venti libri, una storia di Cartagine in otto libri e altrettanti libri
autobiografici, andati purtroppo tutti perduti. Scrive anche un saggio
sull'alfabeto romano, al quale aggiunge tre nuove lettere che vengono però
eliminate subito dopo.