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Via Giulia, 262 |
0668802715 |
M ----- |
BUS 23 116 271 280 |
E' uno dei più eccezionali complessi settecenteschi della città, anche per le particolari caratteristiche che presenta, oltre alla sua collocazione oltremodo suggestiva, all'estremità di via Giulia, accanto all'arco Farnese che costituisce da tempo immemorabile uno dei quadri più tipici di Roma. La chiesa sorse su iniziativa della compagnia, poi arciconfraternita, dallo stesso nome, che aveva come scopo dare sepoltura ai "poveri"morti", trovati in campagna o annegati nel Tevere, senza identità o comunque che non potevano ricevere delle degne esequie da parte dei familiari. Sorta nel 1538, nel 1775-76 fece costruire nel luogo attuale una chiesa assai semplice, con annesso oratorio e un vasto cimitero, parte sotterraneo e parte sulle rive del Tevere, cimitero che fu quasi completamente distrutto nel 1886 in concomitanza con la costruzione dei muraglioni del Tevere. Il sodalizio crebbe di importanza e fama, e la chiesa troppo angusta fu demolita per ricostruirla su progetto di Ferdinando Fuga nel 1733-37, ricostruzione che comportò anche la demolizione del vicino Romitorio del cardinale Odoardo Farnese, portando entro la chiesa gli affreschi di Giovanni Lanfranco che vi si trovavano. L'ultimo intervento fu la costruzione nel 1910 sul retrostante lungotevere dei Tebaldi del nuovo edificio dell'arciconfraternita. La facciata della chiesa è ricca di colonne e pilastri su due ordini, ciascuno con timpano curvo, spezzato l'inferiore, racchiuso in un secondo triangolo quello superiore, che danno un carattere assai plastico e mosso alla costruzione, il cui prototipo può forse ravvisato nella facciata della chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio di Martino Longhi il Giovane e che dimostra l'aderenza del Fuga alle forme della grande tradizione architettonica del seicento romano. Sulla facciata i teschi che fanno da elementi dei capitelli alludono alla funzione della chiesa. L'interno della chiesa costituisce un ovale longitudinale scandito da colonne con quattro altari ai lati, con alternanza di elementi concavi e convessi e cupola ovale. la coerenza della decorazione interna, che ne fa uno splendido insieme di arte settecentesca, si manifesta anche nei continui riferimenti "macabri" della decorazione, chge comunque rimandano sempre alla vita post mortem. Tra la prima e la seconda cappella destra, S. Antonio Abate e S. Paolo di Tebe, uno degli affreschi distaccati di Giovanni Lanfranco. Nella seconda cappella, con architettura di Paolo Posi, buona copia del S. Michele Arcangelo di Guido Reni. All'altar maggiore Crocifissione, di Ciro Ferri (1680 circa). Tra la seconda e la prima cappella sinistra S. Simeone Stilita, l'altro affresco distaccato dal Lanfranco. Da un vano a sinistra dell'altar maggiore si accede ad un sotterraneo che è quanto rimane del cimitero dell'arciconfraternita. Pur nelle ridotte dimensioni attuali costituisce una straordinaria creazione artistica, con le sue decorazioni, sculture e lampadari, costituite da ossa e scheletri, che partecipa, pur trattandosi di un genere del tutto particolare, dello stile rococò dell'epoca, al quale non sembra sfuggire neppure un potente memento mori come questo. Al contrario ad esempio dell'ossario dei Cappuccini, dove è assente ogni intento "artistico" e si tende ad una violenta impressione suscitata dalla quantità dei resti umani esposti. Uscendo dalla chiesa si possono ammirare, a sinistra, il già citato arco Farnese, eretto nel 1603 a congiungimento del palazzo Farnese con gli edifici dei camerini Farnesiani, ora sede degli uffici consolari dell'ambasciata di Francia, dove erano conservate le ricchissime collezioni pittoriche ed archeologiche della famiglia, oggi nei musei di Napoli. A destra, il palazzo Falconieri, di origine cinquecentesca, ampliato e ridecorato in facciata dal Borromini nel 1646-49, tra l'altro con le originalissime erme a testa di falco che ne chiudono le estremità. |