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Area sacra di S. Omobono

 

Area Sacra

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Via L. Petroselli, angolo Via Vico Jugario

BUS

30  44  63  81  83  130  160  170  271  628  715  716  780  781

 

 

 

Tra gli anni 1936 e 1937 nell'area dell'antico Foro Boario venne scoperta una platea quadrata a blocchi di tufo all'interno della quale vennero individuati gli avanzi di due celle, un ambiente sotterraneo, due grandi are in peperino, pozzi sacri e pavimentazioni a più strati che indicavano una stratigrafia complessa.
La scoperta più importante è quella dei resti di un tempio arcaico sotto l'abside della chiesa di S. Omobono.
Questo tempio è il più antico esempio di tempio di tipo tuscanico in ambiente romano, databile nella prima fase alla metà del VI sec., rifatto dopo qualche decennio con tutto il suo apparato decorativo e distrutto poi alla fine del VI sec. a.C.
Il tempio è largo m.11,54; è a pianta quadrata di 36 piedi di lato su alto podio dì tufo, l'altezza del podio è di m.1,61, l'altezza del muro della cella è di m.4,70, l'altezza totale del tempio doveva essere di m.7,50 circa.
L'accesso frontale era costituito da una scala larga 7 piedi con 7 gradini. Il tempio aveva un pronao retto da due colonne frontali a cella unica separata da alae. A questa prima fase sembrano appartenere le placche decorative frontonali a forma di felino.
Il tempio primitivo venne distrutto probabilmente da un incendio e ricostruito, sempre nell'ambito della seconda metà del VI sec. a.C., con l'aggiunta di un contropodio, largo 80 cm. A questa fase appartiene la maggior parte delle terrecotte e delle lastre di rivestimento.
Completa la struttura templare la presenza di un'ara in blocchi di tufo, antistante il tempio. Il luogo era dedicato alla Mater Matuta, divinità che compare nella decorazione del tempio e legata alla zona dell'emporio sul fiume. Secondo il racconto mitologico infatti, Leucotea, dea di origine tebana, approdò con l'aiuto delle Naiadi sulle rive del Tevere, assumendo il nome di Mater Matuta insieme al figlio Portunus, al quale è dedicato un piccolo tempio nella stessa zona, più esattamente all'imbocco del ponte Emilio. Il santuario, posto sul limitare dell'area portuale, è di conseguenza da mettere in relazione. con l'arrivo travagliato di Leucotea-Mater Matuta con il piccolo Portunus. La dea mantiene infatti in ambiente laziale il carattere di protettrice della navigazione. Significativo in questa area di S. Omobono è l'aspetto rappresentato dalla cultura scritta, testimoniato dalla presenza di oggetti iscritti che spesso sono presenti nei santuari, soprattutto in luoghi vivaci per scambi quali dovevano essere gli empori antichi.
Alla fine del VI secolo a C. il tempio di Mater Matuta venne distrutto in seguito alla cacciata dei Tarquini da Roma. Il tempio fu seppellito da terre, scaricate all'interno del nuovo podio. Su questo podio, formato da un muro di grandi blocchi di peperino, alto in tutto circa 4 metri, vengono ricostruiti, agli inizi del V sec. a.C, i due templi accoppiati, ma distinti, ognuno con una sua cella in blocchi di cappellaccio, dedicati a Fortuna, quello occidentale e a Mater Matuta, quello orientale. I due templi vennero distrutti da un incendio nel 212 a.C. e ricostruiti alla fine del III sec. a.C. E' attestata una ricostruzione in età adrianea con pavimento e strutture templari in travertino. Probabili restauri dell'area con inserimento di tabernae sul retro, sui lati e sulla fronte del tempio vennero intrapresi in età seveniana. Nel VI sec. una chiesa paleocristiana si insedia nel tempio pagano; nel XII - XIII sec. la chiesa viene restaurata con esecuzione di una nuova pavimentazione di tipo cosmatesco. Nel 1482 la chiesa viene ricostruita e nominata S. Salvatore in Porticu, finché nel 1700 viene dedicata definitivamente ai SS. Omobono e Antonio.
Nel 1940 la chiesa viene isolata restaurata e ripavimentata.