ROMA SPQR

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Castello dei Caetani

 

M

Colli Albani

via Appia Antica 161

BUS

660

 

 

 

La posizione elevata della tomba di Cecilia Metella, che consentiva contemporaneamente il blocco della via Appia Antica nonché il controllo dell'arco sudorientale delle Mura, del ponte sull'Almone e di un tratto della via Latina, fece sì che essa, sin dal periodo bizantino, venne utilizzata come luogo fortificato, e questa riutilizzazione ha permesso la sopravvivenza del monumento.

E' tuttavia nel X secolo che il luogo assunse una grande importanza strategica; in quel periodo si sviluppava, nella campagna romana semi-abbandonata, il fenomeno del feudalesimo suburbano; parallelamente, la necessità che i baroni avevano di controllare la campagna e le vie di comunicazione provocò la costruzione un po' dovunque di torri di difesa, spesso edificate su edifici romani in rovina (come nel caso appunto del castello di Cecilia Metella).

Nel 1080 la zona era di proprietà dei Conti di Tuscolo, i quali inglobarono il mausoleo in un fortilizio che scavalcava la via Appia Antica, realizzato con la tipica tecnica costruttiva dei in blocchetti di peperino (proveniente dalla zona della città di Marino) parallelepipedi.

Il sepolcro ebbe il ruolo di "maschio" angolare, mentre il recinto era protetto da sedici torrette rettangolari munite di finestre, delle quali otto sono ancora in piedi (potrebbe appartenere a quel periodo il muraglione che si vede nel perimetro esterno del castello dalla parte della Caffarella, sormontato da un grande arco di scarico cieco).

All'interno del mausoleo, sul lato Est, si riconosce un grosso muro a speroni, probabilmente costruito dai Conti di Tuscolo se non ancora prima, mentre sul lato Ovest si vede una piccola cisterna, fondamentale in caso di assedio.

Gli ingressi del castello, in corrispondenza del passaggio della via Appia Antica, erano costituiti da archi in muratura e potevano essere sbarrati con delle porte a doppio battente (dal lato della strada opposto al mausoleo si vede uno stipite del XVII sec.).

La fortezza aveva un duplice scopo: in primo luogo controllare sia porta S. Sebastiano, che era uno dei punti deboli delle Mura, sia la via Appia Antica, che conduceva ai possedimenti dei Conti nel Lazio meridionale; in secondo luogo controllare, proteggere e amministrare la proprietà circostante, comprendente il Circo di Massenzio e la tomba di Romolo.

La fortificazione forniva quindi, oltre ad una notevole potenza offensiva, anche una base economica, per mezzo delle coltivazioni, dell'allevamento, e dell'imposizione di un pedaggio su chi attraversava il castello per passare da una parte all'altra della via Appia Antica.

Finché i Conti di Tuscolo ne rimasero proprietari, il castello sfruttò in minima misura le sue potenzialità belliche, mentre per la maggior parte del tempo esso ebbe un pacifico ruolo di centro amministrativo e residenziale per il Conte e la sua famiglia.

Con la decadenza dei Conti di Tuscolo il castello di Cecilia Metella entrò in una fase turbolenta, proprio per la sua posizione appetibile per gli altri baroni, e minacciosa per la città di Roma.

Grazie alla elevazione al pontificato, papa Bonifacio VIII (Benedetto Caetani, 1235-1303) ebbe l'occasione di impadronirsi più o meno legalmente della tomba di Cecilia Metella e dei terreni intorno, che furono quindi ceduti ai suoi parenti.

In questo periodo il castello raggiunse la massima potenza e il massimo splendore, arrivando a contenere più di 50 costruzioni (tra stalle e case per la guarnigione e per i lavoratori), alcune chiese per le necessità spirituali, e naturalmente il palazzo baronale.

Il mausoleo venne rinforzato con la creazione di un ballatoio superiore di legno, del quale restano la risega nel muro, alcune mensole di marmo e le finestrelle a bocca di lupo per il tiro con le balestre; il ballatoio era sormontato dal camminamento di ronda col parapetto contornato da merli ghibellini. All'esterno dei merli si riconoscono degli anelli di marmo che servivano a reggere, negli spazi tra merlo e merlo, degli sportelli movibili a scopo di protezione.

Costruito dai Caetani a ridosso del mausoleo, il palazzo, orlato anch'esso di merli ghibellini, presenta la stessa tecnica costruttiva (struttura quadrangolare e blocchetti di peperino parallelepipedi) delle torri medievali della Caffarella, così come delle costruzioni di vario genere commissionate dai Caetani nel Lazio. Il luogo era come al solito occupato da sepolcri di vario genere, come si vede anche dalla forma curva del muro esterno dal lato della via Appia Antica, probabilmente dovuta alla presenza di un sepolcro circolare; in uno scavo condotto nel 1985 lì dove ora è collocata la guardiania sono stati trovati un sarcofago di terracotta con all'interno, accanto ai frantumi dello scheletro, un corredo costituito da 16 monete di bronzo, che fanno risalire la sepoltura al primo quarto del IV sec. d.C.

La famiglia Caetani è ricordata dalla targa marmorea con le "onde" scolpite affissa sul portone del palazzo. All'interno, in stanze illuminate da bifore di marmo e affrescate con motivi floreali, il barone si occupava degli affari, risiedeva con la famiglia e conduceva la vita sociale.

Con la costruzione del palazzo si completò il sistema difensivo del castello: il ballatoio superiore del mausoleo poteva infatti essere raggiunto esclusivamente dalla sommità del palazzo, per mezzo di un ponte levatoio che era proprio sopra l'attuale portone di ingresso.

A metà altezza del tamburo cilindrico si riconosce la piccola porta riquadrata negli stessi blocchi di rivestimento, e la scala che sale al ballatoio. In caso di assedio, si creava una triplice possibilità difensiva: prima il castello con le sue 16 torri, poi il palazzo, e infine il mausoleo, ultima risorsa per una difesa necessariamente di breve durata.