La casa-torre nell'angolo tra piazza S.
Cecilia e piazza dei Mercanti presenta al pianterreno colonne di spoglio
coronate da capitelli ionici e collegate da archi di laterizio che
denotano l'esistenza di un originario portico, successivamente
tamponato, sostenuto da un pilastro d'angolo. Alla sommità del corpo in
angolo, la parete in tufelli mostra una decorazione ad archetti ogivali
ciechi, su beccatelli marmorei, che delimitavano forse una loggetta. La
cortina è di colore variabile dal giallo al marrone. Il complesso,
databile alla seconda metà del XIII secolo, sembra essere il risultato
di una fusione di più edifici medianti passaggi e scale di
collegamento, nonostante le differenze d'altezza e i dislivelli tra i
piani.
La casa-torre viene detta di Ettore Fieramosca, ovvero del nobile
capuano protagonista della famosa disfida di Barletta. La fantasiosa
attribuzione nasce da una scena dell'Ettore Fieramosca di D'Azeglio. In
realtà noi sappiamo che l'edificio fu di proprietà dell'Ordine degli
Umiliati, che nel Trecento si stanziò nel convento annesso a S.
Cecilia, svolgendovi attività relative alla lavorazione della lana. Il
movimento degli Umiliati, sorto in Lombardia verso la metà del sec, XII,
si proponeva di vivere "a modo della Chiesa primitiva",
perseguendo cioè l'ideale della povertà volontaria, mostrato da Cristo
e dagli Apostoli, senza possedere nulla personalmente, traendo i mezzi
di sussistenza dal proprio lavoro e costituendo comunità di uomini e
donne che vivevano in continenza. Presto si chiarirono due tendenze: una
che fu accusata di eresia per non aver riconosciuto l'autorità suprema
della Chiesa di Roma, e che darà origine alla setta dei Poveri
Lombardi, l'altra che si inserì invece pienamente nei ranghi della
Chiesa costituendosi in Ordine religioso con una Regola che fu approvata
da Innocenzo III nel 1201. Tale Regola prevedeva: il rifiuto del lusso,
il lavoro manuale, l'astensione dall'usura, la donazione del superfluo
ai poveri. L'Ordine decadde nel sec. XV.
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