Alessandro VI
Figlio di Isabella Borja, sorella di papa Callisto III, e di Jofré de Borja y Doms, suo cugino, a quattordici anni, per la protezione dello zio allora cardinale, ebbe canonicati e prebende da Niccolò V. Venuto in Italia nel 1449, studiò diritto canonico all'università di Bologna, dove si laureò nel 1456: già nel 1455, dallo zio diventato papa era stato nominato protonotario apostolico, mentre nel 1456 fu fatto cardinale, vicecancelliere della Chiesa ancor prima di ricevere gli ordini maggiori, e vescovo di Valencia (per questo fu chiamato anche “il cardinale Valentino”). Morto Callisto III (1458), ebbe il favore di Pio II e di Sisto IV, da cui fu inviato come legato in Spagna nel 1472: nel 1484, alla morte di Sisto IV, tentò invano di farsi eleggere papa. Ascese invece al soglio pontificio nel 1492, quando già aveva avuto numerosi figli: due femmine e Pier Luigi, primo duca di Gandía, di cui non è certa la madre, e quattro figli nati da Vannozza de Cathaneis: Cesare, Giovanni, secondo duca di Gandía, Lucrezia e Goffredo. Tutti vennero legittimati con varie bolle; più tardi Rodrigo Borgia ebbe un'altra figlia da Giulia Farnese. Come pontefice, Alessandro VI fu una delle più discusse personalità della sua epoca: poco aperto, da un lato, alla cultura rinascimentale, sistemò tuttavia l'università di Roma e incoraggiò gli scavi archeologici che portarono alla scoperta, a Nettuno, dell'Apollo del Belvedere e, più tardi, del gruppo del Laocoonte. Egli fu però in primo luogo sovrano temporale, partecipando attivamente alle vicende politiche italiane. Ostile alla spedizione in Italia di Carlo VIII di Francia (1494), lasciò il passo al re diretto a Napoli, ma organizzò subito dopo contro di lui, con Venezia e Milano, una lega che lo costrinse ad abbandonare Napoli e l'Italia (1495). Più tardi si alleò con Luigi XII di Francia nell'interesse del figlio Cesare, che da quel sovrano ebbe il ducato di Valentinois e aiuti militari, in vista della creazione di un proprio regno nell'Italia centrale, al quale il papa tendeva con ogni mezzo. Importante per le future sorti dell'America, scoperta proprio all'inizio del suo pontificato, fu la divisione da lui fissata nel 1493 fra la zona sottoposta all'influenza della Spagna e quella sottoposta al Portogallo. La sua vita dissipata venne denunciata con asprezza dal Savonarola che l'accusò di simonia e fu dal Papa scomunicato (1497) e più tardi (1498) impiccato e bruciato sul rogo a Firenze alla presenza di inviati pontifici. Ad Alessandro VI si deve l'uso di aprire e chiudere il giubileo (1500) con l'apertura e chiusura della Porta Santa. I grandiosi progetti di conquiste concepiti per il figlio Cesare si tradussero in una lotta continua contro i grandi feudatari romani e contro i signori della Romagna e dell'Italia centrale. Ma la sua morte improvvisa (per la quale si parlò di veleno) fece crollare tutti questi progetti, poiché nel frattempo anche il figlio Cesare era caduto gravemente infermo. La figura di Alessandro VI, molto complessa, venne variamente giudicata ed è difficile ancor oggi pronunciarsi in modo assoluto e definitivo: certo alcune delle accuse portate contro di lui furono esagerate o false, mentre è sicuro che la sua condotta morale, particolarmente agli occhi dei moderni, non fu consona all'alto ufficio di sommo pastore della Chiesa, ma si adeguò piuttosto a quella di un principe del Rinascimento.